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128 saggi critici

ciò che vedete è apparenza — . I tre sofisti, volendo contentare il genere umano, dissero: — Consolatevi; l’apparenza è il medesimo che l’essenza; dietro le scene non c’è nulla — . E andarono scribacchiando volumi, quando dopo Kant non restava a fare che la cosa piú semplice del mondo.

A. Cosa?

D. Spingere un’occhiatina dietro le scene. Ecco la gloria di Schopenhauer. Ha schiusa la porta e ci ha trovato il reale, la cosa in sé, il «Wille».

A. Cosa vuol dir «Wille»?

D. Il volere.

A. Ci volea molto a trovar questa!

D. È l’uovo di Colombo. Ora pare cosa facile; e ciascuno dice: — Anch’io l’avrei trovato — . La scoperta di Schopenhauer è piú importante ancora che la scoperta dell’America, perché, come dice con giusto orgoglio l’inventore, è la veritá delle veritá, l’ultima scoperta, la sola cosa che restava a fare in filosofia. Eppure, da tanto tempo s’era intraweduta questa veritá. I Cinesi e gl’Indiani l’avevano alzata a principio religioso; il cristianesimo non ha voluto intendere che questo con la sua storia del peccato originale; la troviamo in bocca al popolo, quando dice che il tempo non vuol piovere, attribuendo in tutte le lingue la volontá non solo agli uomini, ma alle universe cose: il che dice rum per figura poetica, ma per un sentimento confuso del vero. Anche i filosofi greci, che stavano piú vicini all’antica sapienza braminica e buddistica, vi s’accostano: sicché ci hai proprio il «consensus gentium». Tra gli altri Empedocle si può chiamar proprio il precursore di Schopenhauer: perché il filosofo agrigentino, che Arturo chiama «ein ganzer Mann», un uomo compiuto, mette a capo del mondo non l’intelletto, ma amore e odio, vale a dire il volere, l’attrazione e la repulsione, la simpatia e l’antipatia1. E poiché Empedocle è tenuto da molti un pitagorico, si dee credere che questa veritá l’abbia rubata a Pitagora; e se Gioberti avesse saputo questo,



  1. Ueber den Willen in der Natur; Fragmente zur Geschichte der Philosophie.