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schopenhauer e leopardi 129

tenero com’era della filosofia pitagorica, si sarebbe fatto il piú caldo propugnatore di questa dottrina, nata, come filosofia, in Italia, e avrebbe accresciuto con un altro ingrediente il nostro primato. Ma Gioberti non ci ha pensato, e la gloria rimane intera a Schopenhauer; perché il vero inventore non è colui che trova una veritá, ma colui che la feconda, l’applica, ne cava le conseguenze, come dice non so piú qual francese citato da Schopenhauer, un momento che temeva gli si contrastasse il brevetto d’invenzione.

A. La mia maraviglia è che Kant, a due dita dalla scoperta, non l’abbia veduta.

D. Kant, mio caro, una volta caduto nel fenomeno, non ne potea piú uscire. E la mia maraviglia è piuttosto, come non abbia conchiuso a rigor di logica, che tutto è fenomeno. Poiché se è vero che il fenomeno suppone il noumeno o la cosa in sé, è vero anche che, secondo il suo sistema, questa necessitá è tutta subbiettiva, fondata sulla legge di causalitá, anch’essa forma dell’intelletto. E credo non gli mancasse la logica, ma il coraggio. Perché, cominciato a filosofare per fondare la scienza, e trovatosi da ultimo nel vuoto, come si afferrò per la morale al categorico imperativo, cosí per la metafisica sali alla cosa in sé. Ma era un infliggere agli uomini il castigo di Tantalo, un dir loro: — La cosa in sé c’è, ma non la conoscerete mai, perché trascende l’esperienza — . Ora Schopenhauer ha fatto un miracolone, ha detto all’esperienza: — Dammi la cosa in sé — ; e l’esperienza glie l’ha data. I filosofi si sono tanto assottigliato i! cervello intorno a questa faccenda, e non c’era che da farsi una piccola interrogazione. Cosa son io? Io sono un fenomeno, come tutto il resto, perché mi considero nello spazio e nel tempo, forme necessarie dei mio intelletto; il mio corpo è un oggetto tra gli oggetti; i suoi moti, le sue azioni mi sono cosí inesplicabili, come i mutamenti di tutti gli altri oggetti. Kant s’è fermato qui, e per questa via non si va a Roma, voglio dire non si va al reale. Dovea replicar la dimanda: — Cosa son io? — . Ed avrebbe avuto la risposta: — Io sono il «Wille» — . Mi muovo, parlo, opero, perché voglio. Né tra il mio corpo

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De Sanctis, Saggi critici.-ii