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indispettí, né se ne adirò. Anzi, da uomo di spirito, accettò invece come augurio di migliori cose; e ne trasse profitto, perché in questa congiuntura pigliò a studiare la «repubblica de i zoccoli», come gli diceva Guicciardini.

È molto curiosa la corrispondenza scambiata in questa occasione tra il Machiavelli e il Guicciardini. Per raccomandazione di quest’ultimo, il Machiavelli fu ospite in casa Gismondi. Un giorno, rallentando lo zelo dell’ospite, Niccolò scrive a Guicciardini: — Vedi di mandare un qualche segno per cui io appaia un pezzo grosso e si rinvigorisca la gentilezza del mio ospite — . Infatti, poco dappoi giunse un pacco di lettere con suggelli papali, ed il Machiavelli in grazia di ciò ebbe un pasto lautissimo. Nella sua missione però non riuscí, perché il priore si mostrò piú astuto di lui. E svanirono via via le speranze di Machiavelli. Ebbe dappoi altri ufficii; ma sempre di poco conto.

Perdute cosí le illusioni per sé e per l’Italia, appare nell’ultima epoca della sua vita come la piú amara ironia di quella societá, di cui giá aveva meditato i difetti.

La commedia italiana, prodotta dal Machiavelli, è l’ultima forma del suo spirito. Egli, infatti, moriva col sorriso beffardo sulle labbra. Aveva cominciato guardando a Savonarola; finiva accennando a Voltaire.

Migliore epitaffio non si sarebbe potuto scolpire sulla sua tomba di quello uscito dalla bocca di un suo figliuolo: «Nostro padre, questi diceva, è morto poverissimo: noi abbiamo per ereditá il suo nome e il suo esempio».

Questa, a grandi tratti, è la vita esterna di Machiavelli. Vediamo ora i frutti del suo intimo pensiero.

III


Chi era Savonarola e chi era Machiavelli? Savonarola fu l’ultimo raggio di un passato che tramontava sull’orizzonte; Machiavelli fu l’aurora precorritrice de’ tempi moderni. L’uno, l’ultimo tipo del vecchio uomo medievale; l’altro, il primo tipo dell’uomo moderno.