Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/24

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i8 saggi critici

«libera e reale, o, come si dice in Firenze, schietta», perchè piace agli uomini e perché, quando sia il caso di simulare, piú facilmente acquisti fede. E nega arditamente, quando anche «quello abbia fatto o tentato... sia quasi scoperto e pubblico; perché la negazione efficace, quando bene non persuada a chi ha indizi o creda il contrario, gli mette almanco il cervello a partito». È stretto nello spendere, ancoraché la prodigalitá piaccia: perché «piú onore ti fa uno ducato che tu hai in borsa, che dieci che tu ne hai spesi». Fa ogni cosa per «parere buono»: perché il «buon nome vale piú che molte ricchezze’». Cerca «non meritarsi nome di essere sospettoso»; ma perché piú sono i cattivi che i buoni, «massime dove è interesse di roba o di stato», e «l’uomo è tanto cupido dello interesse suo, tanto poco respettivo a quello di altri,... crede poco e si fida poco».

Sarei infinito se volessi continuare in queste citazioni. E forse mi sono steso troppo. Ma dice cosí bene, cosí preciso, in un linguaggio e in uno stile cosí oggi dimenticato, che nessuno me ne vorrá male. E sarò contento, se avrò potuto invogliare molti a leggere questo codice della vita scritto in stile lapidario e monumentale e pieno di alti insegnamenti per i cultori delle scienze storiche e morali.

Quest’uomo savio, secondo l’immagine che ce ne porge il Guicciardini, è quello che oggi direbbesi un gentiluomo, un amabile gentiluomo, nel vestire, nelle maniere e ne’ tratti. Il ritratto è cosí fresco e vivo, cosí conforme alle consuetudini moderne, che ad ogni ora ti par d’incontrarlo per via, con quei suo risetto d: una benevolenza equivoca, con quella perfetta misura ne’ modi e nelle parole, con quella padronanza di sé, con quella confidenza nel suo saper fare e saper vivere. Tutti gli fanno largo; molti gli sono attorno; e se ne dice un gran bene. Quelli che sono da piú di lui, non ne hanno ombra, perché si guarda di entrare in concorrenza, ed anche di far lega co’ potenti, memore del proverbio casigliano: «il filo si rompe dal capo piú debole». I principi lo hanno in grazia e lo colmano di onori e di ricchezze, perché «mostra di avere loro