Pagina:De Sanctis, Francesco – Saggi critici, Vol. III, 1974 – BEIC 1804859.djvu/26

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di bocca parole d’oro. Parla volentieri di patria, di libertá, di onore, di gloria, di umanitá; ma vediamolo a’ fatti. Ama la patria e se perisce gliene duole non per lei, perché cosí ha a essere, ma per sé, «nato in tempi di tanta infelicitá». È zelante del ben pubblico, ma «non s’ingolfa tanto nello Stato», da mettere in quello tutta la sua fortuna. Vuole la libertá, ma quando la sia perduta non è bene fare mutazioni, perché spesso mutano «i visi delle persone non le cose», e come non puoi mutare tu solo, «ti riesce altro da quello che avevi in mente, e non puoi fare fondamento sul populo» cosí instabile, e quando la vada male, ti tocca la vita spregiata del fuoruscita. Se tu fossi «di qualitá a essere capo di Stato», passi; ma, cosí non essendo, è miglior consiglio portarsi in modo che quelli che governano non ti abbiano in sospetto, e neppure ti pongano tra i malcontenti. Quelli che altrimenti fanno, sono «uomini leggieri». Nel mondo sono i savii e i pazzi. E pazzi chiama quei fiorentini, che «vollero contro ogni ragione opporsi», quando i «savii di Firenze arebbono ceduto alla tempesta»1. A nessuno dispiace piú che a lui l’«ambizione, l’avarizia e la mollizie de’ preti e il dominio temporale ecclesiastico; ama Martino Lutero, per vedere ridurre questa caterva di scelerati a’ termini debiti, cioè a restare o sanza vizii, o sanza autoritá»; ma «per il suo particulare» è necessitato amare la grandezza de’ pontefici, e operare a sostegno dei preti e del dominio temporale. Vuole emendata la religione in molte parti; ma quanto a lui, «non combatte con la religione; né con le cose che pare che dependono da Dio; perché questo obbietto ha troppa forza nella mente delli sciocchi». Cosi il nostro savio si nutre di amori platonici e di desiderii impotenti. E la sua impotenza è in questo, che a lui manca la forza di sacrificare «il suo particulare» a quello ch’egli ama e vuole: perché quelle cose che dice di amare e di desiderare, la veritá, la giustizia, la virtú, la libertá, la patria, l’Italia liberata da’



  1. Allude all’assedio di Firenze, illustrato dall’eroica resistenza di quelli che il Guicciardini qualifica «pazzi».