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110 storia della letteratura italiana


impersonali come quelli del secolo innanzi; ma, anche volgarizzando, senti che quegli uomini prendono viva partecipazione a quello che scrivono, e vivono lá dentro, e ci lasciano l’impronta del loro carattere e della loro fisonomia intellettuale e morale. Usciamo dalle astrattezze de’ trattati e delle raccolte sotto nome di «fiori», «giardini» e «tesori», ed entriamo nella realtá della vita, nel vero giardino dell’arte. Perché questi uomini non ragionano, non disputano, e dí rado citano: la loro dottrina va poco al di lá della Bibbia e de’ santi padri; ma narrano quel medesimo che si rappresentava ne’ misteri, vite, leggende e visioni, e sono narrazioni piú vive e schiette che non i misteri del quattrocento, raffazzonamenti degli antichi, con piú liscio, ma dove desideri la puritá e semplicitá delle prime ispirazioni.

Gli scrittori son tutti frati ed hanno le qualitá degli uomini solitari, il candore, l’evidenza e l’affetto. Hanno l’ingenuitá di un fanciullo che sta con gli occhi aperti a sentire, e piú i fatti sono straordinari e maravigliosi, piú tende l’orecchio e tutto si beve: qualitá spiccatissima ne’ Fioretti di san Francesco, il piú amabile e caro di questi libri fanciulleschi. L’immaginazione concitata dalla solitudine presenta gli oggetti cosí vivi e propri che vengon fuori di un getto, non solo figurati ma animati e coloriti, caldi ancora dell’impressione fatta sullo scrittore. Nel quale l’affetto è tanto piú vivace e impetuoso e lirico, quanto la sua vita è piú astinente e compressa: quasi vendetta della natura, che grida piú alto dove ha piú contrasto. Non ci è in queste prose alcuna intenzione artistica, nessun vestigio di studio o di sforzo o di esitazione o di scelta; manca soprattutto il nesso, la distribuzione, la gradazione. Ma si conseguono tutti gli effetti dell’arte che nascono da movimenti sinceri e gagliardi dell’immaginazione e dell’affetto, e n’escon pagine animate, e potenti assai piú sul tuo spirito che non tanti romanzi moderni. Cito fra l’altro la storia di Abraam romito, che prende veste e costume di cavaliere mondano, e mangia pane e beve vino ed usa nelle taverne per convertire la sua nipote Maria. Il suo incontro con Maria nella taverna, gli allettamenti lascivi di costei, la sua sorpresa e vergogna quando nel bel cavaliere