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vi - il trecento 129


L’indignazione è uguale alla maraviglia del buon uomo. Come pensare che il sangue di san Luigi, un reale di Francia, fosse spergiuro e assassino?

Quando non ci era piú il rimedio, si corse al rimedio. Dino fa sonare la campana grossa, che era un chiamare alle armi. Ma nessuno usci: «La gente sbigottita non trasse. Di casa i Cerchi non usci uomo a cavallo né a piè armato».

Anche il cielo vi si mescola. Apparisce «una croce vermiglia sopra il palagio de’ priori»:


Onde la gente che la vide, e io che chiaramente la vidi, potemmo comprendere che Iddio era fortemente contro alla nostra cittá crucciato.


La cittá per sei giorni fu messa a ruba. In pochi tocchi ti sta innanzi il quadro:


Gli uomini che temeano i loro avversari si nascondeano per le case de’ loro amici. L’uno nimico offendea l’altro; le case si cominciavano ad ardere; le ruberie si faceano, e fuggivansi gli arnesi alle case degl’impotenti. I Neri potenti domandavano danari a’ Bianchi: maritavansi fanciulle a forza; uccideansi uomini; e quando una casa ardea forte, messer Carlo domandava: — Che fuoco è quello? — Eragli risposto che era una capanna, quando era uno ricco palazzo.


I priori, moltiplicando il mal fare e non avendo rimedio, lasciarono il priorato. E venne al governo la parte nera. Dino fu il Pier Soderini di quel tempo, e fu a se stesso il suo Machiavelli. Nessuno può dipingerlo meglio che non fa egli medesimo.

In questa maravigliosa cronaca non ci è una parola di piú. Tutto è azione, che corre senza posa sino allo scioglimento. Ma è azione, dove paion fuori caratteri e passioni. Un motto, un tratto è un carattere. Carlo, dopo di aver tratto da’ fiorentini molti danari, va a Roma e chiede danari a Bonifazio. — Ma io ti ho mandato alla fonte dell’oro — risponde il papa. È una risposta che è un ritratto dell’uno e dell’altro. I discorsi sono sostanziosi, incisivi, non meno pittoreschi: vedi personaggi vivi,


F. de Sanctis, Storia della letteratura italiana - i.

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