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vi - il trecento 133


«sovrano»; e il comento per sua natura è servo e non signore, e dee ubbidire e non comandare. Ora il latino non può ubbidire, perché «comandatore» e sovrano del volgare. Oltreché, come può il latino comentare il volgare, non conoscendo il volgare? E che il latino non è conoscente dei volgare, si vede: «ché uno abituato di latino non distingue, s’egli è d’Italia, lo volgare dal tedesco, né il tedesco lo volgare italico o provenzale». Ecco le opinioni, le forme e le sottigliezze della scuola. Questa novitá di scrivere di scienza in volgare, che è come dare a’ convitati «pane di biado e non di formento», gli pare cosí grande, che a difendersene spende otto capitoli, modello di barbarie scolastica. Lasciando stare le sottigliezze, la sostanza è questa: ch’egli usa «il volgare di si», perché loquela propria e «delli suoi generanti», e suo «introducitore» nello studio del latino, e perciò «nella via di scienza, ch’è ultima perfezione». Scrisse in volgare le rime; il volgare usò «deliberando, interpretando e quistionando»; dal principio della vita ebbe con esso «benivolenza e conversazione»; il volgare è l’amico suo, dal quale non si sa dividere. Coloro «fanno vile lo parlare italico e prezioso quello di Provenza», che, per «iscusarsi dal non dire o dal dire male, accusano o incolpano la materia, cioè lo volgare proprio». La plebe o, come dice egli, «le popolari persone» cadono «nella fossa» di questa falsa opinione per poca discrezione; «per che incontra che molte volte.gridano: — Viva la loro morte — e — Muoia la loro vita, — purché alcuno cominci», e sono da chiamare «pecore e non uomini». Gli altri vi caggiono per vanitá o per vanagloria o per invidia o per pusillanimitá. Questo disamare «lo proprio volgare» e pregiare l’altrui gli pare un adulterio, conchiudendo con queste sdegnose parole: «E tutti questi cotali sono gli abbominevoli cattivi d’Italia, che hanno a vile questo prezioso volgare; lo quale, se è vile in alcuna cosa, non è se non in quanto egli suona nella bocca meretrice di questi adulteri». E però egli scrive questo comento in volgare, per fargli avere «in atto e palese quella bontade che ha in podere e occulto», mostrando che la sua virtú si manifesta anche in prosa, senza le accidentali adornezze della