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136 storia della letteratura italiana


terra, di dritto divino, con gli stessi privilegi: «due soli», che indirizzano l’uomo, l’uno per la via di Dio, l’altro per la via del mondo; l’uno per la celeste, l’altro per la terrena felicitá. Perciò il papa non può unire i due reggimenti in sé, congiungere il pastorale e la spada; anzi, come vero servo di Dio e immagine di Cristo, dee dispregiare i beni e le cure di questo mondo e lasciare a Cesare ciò che è di Cesare. L’imperatore dal suo canto dee usar riverenza al papa, appunto per la preminenza dello spirito sul corpo; e poiché il popolo è corrotto e usurpatore e la societá è viziosa e anarchica, il suo uffizio è di ridurre il mondo a giustizia e concordia, ristaurando l’impero della legge. Né è a temere che sia tiranno, perché nella stessa sua onnipotenza troverá il freno a se stesso: perciò rispetterá le franchigie de’ comuni e l’indipendenza delle nazioni. Questa era l’utopia dantesca o piuttosto ghibellina. Dante ne ha fatto un sistema e ne è stato il filosofo.

Scendendo alle applicazioni, Dante mostra nel secondo libro che la monarchia romana fu di tutte perfettissima. La sua storia risponde alle tre etá dell’uomo. Nell’infanzia ebbe i re: adulta, e rettasi a popolo, con geste maravigliose, una serie di miracoli che attestano la sua missione provvidenziale, si apparecchiò alla etá virile, ordinandosi a monarchia sotto Augusto, che san Tommaso chiama «vicario di Cristo» e che Dante, seguendo la tradizione virgiliana, dice discendente da Enea, fondatore dell’impero, per disegno divino. E fu a quel tempo che nacque Cristo, e «fu suddito dell’impero»; e compi l’opera della redenzione delle anime, mentre Augusto componeva il mondo in perfetta pace.

Da queste premesse storiche Dante conchiude che Roma per dritto divino dee essere la capitale del mondo, e che giustizia e pace non può venire in terra se non con la ristaurazione dell’impero romano, «la monarchia predestinata», di cui la piú bella parte, il giardino, era l’Italia.

In apparenza questo era un ritorno al passato, ma ci era in germe tutto l’avvenire: ci era l’affrancamento del laicato e l’avviamento a piú larghe unitá. I guelfi si tenevano chiusi nel loro comune; ma qui al di lá del comune vedi la nazione, e al