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vii - la «commedia» 151


Filosofia è «amistanza» a sapienza, amicizia dell’anima con la sapienza. Nelle nature inferiori l’amore è «sensibile dilettazione». Solo l’uomo, come «natura... razionale, ha... amore alla veritá e alla virtú» (alla filosofia)1. Ciò è vera felicitá, che per contemplazione della veritá si acquista2.

In questi concetti si trova il succo della morale antica. Giá i filosofi pagani aveano mostrato la filosofia come unico porto fra le tempeste della vita: esser filosofo significava, e significa anche oggi, resistere alle passioni ed a’ piaceri, vincer se stesso, serbare l’eguaglianza dell’animo nelle umane vicissitudini.

Ma ecco ora sopraggiungere il cristianesimo.

L’umanitá per il peccato d’origine cadde in servitú dei sensi (del male o del peccato), e la ragione e l’amore non furono piú sufficienti a salvarla. La ragione andava a tentoni e menava all’errore: «i filosofi andavan e non sapean dove»; l’amore, rimaso senza «rettore», divenne appetito sensuale. Era necessaria una redenzione soprannaturale. Dio si fece uomo e redense l’umanitá offrendosi vittima espiatoria per lei3.

Mediante questo sacrificio, la ragione è stata avvalorata dalla fede, l’amore avvalorato dalla grazia, la filosofia è stata compiuta dalla teologia, la rivelazione.

Redenta l’umanitá, ciascun uomo ha acquistato la virtú di salvarsi con l’aiuto di Dio. Guidato dalla ragione e dalla fede, fortificato dall’amore e dalla grazia, può affrancarsi da’ sensi e levarsi di mano in mano sino a Dio, al sommo bene.

Questo cammino, dalla materia o dal peccato sino allo spirito o al bene, comprende tutto il circolo della morale o etica. La conoscenza della morale (naturale e rivelata, filosofia e teologia) è perciò necessaria a salute.

La morale è il «Nosce te ipsum», la conoscenza di se stesso. L’uomo si trova in questa vita in uno de’ tre stati di cui tratta la morale: stato di peccato, stato di pentimento, stato di grazia.



  1. Convito, iii, 3.
  2. Convito, iv, 22.
  3. Paradiso, vii, 25 sgg.