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vii - la «commedia» 189


Un altro lo sgrida:

                                                                       Perché se’ tu si ingordo
di riguardar piú me che gli altri brutti?
     
E Dante, che lo vede col capo lordo, tanto che non parea «s’era laico o cherco», gli ricorda crudelmente di averlo veduto in terra co’ capelli asciutti. E quegli esprime il suo dolore «battendosi la zucca». Tutto è mutato: natura, demonio e uomo, immagini e stile. Cadiamo in pieno plebeo. Chi sono questi uomini? Sono adulatori e meretrici dannati alla stessa pena: gli uni vendono l’anima, le altre vendono il corpo. Sentite che noi passiamo in un altro mondo, nel mondo de’ fraudolenti.

Esteticamente, il mondo de’ fraudolenti è la prosa della vita, precipitata dal suo piedistallo ideale e divenuta volgaritá. È la passione che si muta in vizio, il carattere che diviene abitudine, la forza che diviene malizia. La passione è poetica, perché ha virtú di concitare tutte le forze dell’anima, si ch’elle prorompano di fuori liberamente: il vizio è la passione fatta abitudine, ripetizione degli stessi atti, un fare perché si è fatto: è l’artista divenuto artefice, l’arte divenuta mestiere. L’uomo appassionato spiritualizza la sua azione, ci mette dentro se stesso; ma nel vizioso l’anima è sonnolenta, la sua azione è stupida materia, atto meccanico a cui lo spirito rimane estraneo. La passione produce il carattere, la forte volontá, che è la stessa passione in continuazione; il vizio ha compagna la fiacchezza e bassezza dell’anima, non essendo altro la bassezza che l’abdicazione e l’apostasia della propria anima. I grandi caratteri sicuri di sé hanno a loro istrumento la forza, impetuosi fino all’imprudenza, semplici fino alla credulitá; gli animi fiacchi hanno a loro istrumento la malizia, coscienza della loro impotenza, e, pipistrelli notturni, assaltano alle spalle e non osano guardare in viso.

In questo mondo il di fuori è mutato, perché mutato è il di dentro, ove non trovi piú caratteri e passioni, ma vizio, bassezza e malizia; lo spirito oscurato e materializzato, la dissoluzione della vita. A quei cerchi indeterminati, a quella cittá rosseggiante di Dite, nomi e figure terrene, succede un non so che, una cosa senza nome, che il poeta chiama bizzarramente