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vii - la «commedia» | 189 |
Un altro lo sgrida:
Perché se’ tu si ingordo di riguardar piú me che gli altri brutti? |
Esteticamente, il mondo de’ fraudolenti è la prosa della vita, precipitata dal suo piedistallo ideale e divenuta volgaritá. È la passione che si muta in vizio, il carattere che diviene abitudine, la forza che diviene malizia. La passione è poetica, perché ha virtú di concitare tutte le forze dell’anima, si ch’elle prorompano di fuori liberamente: il vizio è la passione fatta abitudine, ripetizione degli stessi atti, un fare perché si è fatto: è l’artista divenuto artefice, l’arte divenuta mestiere. L’uomo appassionato spiritualizza la sua azione, ci mette dentro se stesso; ma nel vizioso l’anima è sonnolenta, la sua azione è stupida materia, atto meccanico a cui lo spirito rimane estraneo. La passione produce il carattere, la forte volontá, che è la stessa passione in continuazione; il vizio ha compagna la fiacchezza e bassezza dell’anima, non essendo altro la bassezza che l’abdicazione e l’apostasia della propria anima. I grandi caratteri sicuri di sé hanno a loro istrumento la forza, impetuosi fino all’imprudenza, semplici fino alla credulitá; gli animi fiacchi hanno a loro istrumento la malizia, coscienza della loro impotenza, e, pipistrelli notturni, assaltano alle spalle e non osano guardare in viso.
In questo mondo il di fuori è mutato, perché mutato è il di dentro, ove non trovi piú caratteri e passioni, ma vizio, bassezza e malizia; lo spirito oscurato e materializzato, la dissoluzione della vita. A quei cerchi indeterminati, a quella cittá rosseggiante di Dite, nomi e figure terrene, succede un non so che, una cosa senza nome, che il poeta chiama bizzarramente