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vii - la «commedia» 199


La pena è una, ma graduata secondo il delitto. II movimento si estingue a poco a poco, la vita si va petrificando, finché cessa in tutto la lacrima, la parola e il moto. L’immagine piú schietta di questo mondo cristallizzato è il teschio dell’arcivescovo Ruggieri, inanimato e immobile sotto i denti di Ugolino. L’Ugolino è una delle piú straordinarie e interessanti fantasie. È per lui che la vita e la poesia entra in questo mare morto, dove la natura e il demonio e l’uomo é materia stupida e senza interesse. Come concetto morale, il tradimento è la colpa piú grave; ma qui manca l’organo della colpa: il grido della coscienza sembra agghiacciato insieme col colpevole. Questo grido può uscire dal petto concitato di Dante spettatore, come è giá avvenuto in Malebolge, dove l’invettiva di Dante risolve il comico. Qui ci è di meglio. Tra questi esseri petrificati Dante gitta il suo Ugolino, ghiacciato con gii altri, come traditore egli pure; ma col capo sul capo di Ruggieri, perché insieme egli è il suo tradito e il suo carnefice. È la vittima che qui alza il grido contro il traditore, e gli sta eternamente co’ denti sul capo, saziando in quello il suo odio, istrumento inconscio della vendetta di Dio. Cosi è nato l’Ugolino, il personaggio piú ricco, piú moderno, piú popolare di Dante, dove l’analisi è piú profonda e piú sviluppata, nelle sue straordinarie proporzioni cosí umano e vero.

Prendete ora una carta topografica dell’inferno, e guardate questa piramide capovolta, a forma d’imbuto. Vedete l’immensa base alla cima, senza figura altra che di cerchi, fra le tenebre eterne; e poi quei cerchi prendon figura di cittá rosseggiante di fiamme, e la cittá di bolgia putrida e puzzolenta, e la bolgia di pozzo entro il quale è petrificata la natura: in cima l’infinito, alla fine il tristo buco

                                         sovra ’l qual puntali tutte l’altre rocce;      
e voi avete cosí l’immagine visibile di questo inferno estetico. Gli è come nelle rivoluzioni. Nel primo entusiasmo tutto è grande; poi vien fuori il sanguinario, il feroce, l’orribile; finché da’ piú bassi fondi della societá sale sú il laido, l’abietto e il plebeo. Questa decomposizione e depravazione successiva della vita è l’Inferno.