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uomo, hai la barba: come potesti preferire a me le cose fallaci della terra,

                                                                            o pargoletta
od altra vanitá con si brev’uso? —
     
E quando Dante potè formare la voce, viene la risposta:
                                                                       Le presenti cose
col falso lor piacer volser miei passi,
tosto che ’l vostro viso si nascose.
     

Come si vede, è l’antica lotta tra il senso e la ragione, che qui ha il suo termine; è la vita tragica dell’anima fra gli errori e le battaglie del senso, che qui si scioglie in commedia, cioè in lieto fine, con la vittoria dello spirito. L’idea è piú che trasparente: è manifestata direttamente nel suo linguaggio teologico. Ma l’idea è calata nella realtá della vita e produce una vera scena drammatica, con tale fusione di terreno e di celeste, di passione e di ragione, di concreto e di astratto, che vi trovi la stoffa da cui dovea sorgere piú tardi il dramma spagnuolo.

Dante, pentito, tuffato nel fiume Lete, è menato a Beatrice dalle virtú, sue ancelle:

                                         Noi sem qui ninfe, e nel ciel semo stelle.
Pria che Beatrice discendesse al mondo,
fummo ordinate a lei per sue ancelle.
     Menrenti agli occhi suoi...
     
E Beatrice gli svela la sua faccia. Non è poesia che possa rendere quello che Dante vede, quello che sente:
                                         O isplendor di viva luce eterna,
chi pallido si fece sotto l’ombra
si di Parnasso, o bevve in sua cisterna,
     che non paresse aver la mente ingombra,
tentando a render te, qual tu paresti
lá, dove armonizzando il ciel ti adombra,
     quando nell’aere aperto ti solvesti?
     

Compiuta la rappresentazione, ricomincia la processione sino all’albero della vita; dove, antitesi a questa Chiesa gloriosa di