Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
vii - la «commedia» | 239 |
argomentazioni. E questo è non per difetto di virtú poetica ma per falso giudizio. A lui pare che questo lusso di scienza sia la cima della poesia, e se ne vanta, e si beffa di quelli che lo hanno sin qui seguito in piccola barca. — Tornate indietro — egli dice, — ché il mio libro è per soli quei pochi che possono gustare il pan degli angioli; — e sono i filosofi e i dottori suoi pari. Perciò il Paradiso è poco letto e poco gustato. Stanca soprattutto la sua monotonia, che par quasi una serie di dimande e di risposte fra maestro e discente.
La visione intellettuale è la beatitudine. L’esposizione della scienza riesce in cantici e inni; le ultime parole del veggente si confondono con gli osanna del cielo:
Finito questo, l’alta corte santa risonò per le spere un Dio lodiamo, nella melode che lassú si canta. Siccome io tacqui, un dolcissimo canto risonò per lo cielo, e la mia donna dicea con gli altri: — Santo, santo, santo. — |
Cosi è sciolto questo mistero dell’anima. Adombrato ne’ simboli e allegorie del Purgatorio, qui il mistero è svelato: è la divina commedia dell’anima, il suo indiarsi nell’eterna letizia. La forza che tira Dante a Dio, si che sale come rivo,
se d’alto monte scende giuso ad imo, |
Quivi la donna mia vid’io si lieta, come nel lume di quel ciel si mise, che piú lucente se ne fe’ il pianeta. |