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ix - il «decamerone» | 289 |
e guardin se, tenendoli ben cari, tanto piacer fu mai a lor prestato quanto ne presta amore in un sol punto a cui egli è con ventura congiunto. Ei diranno di si, ma mentiranno, e questo amor «dolorosa pazzia» con risa e con ischerzi chiameranno; senza veder che sola un’ora ha quella che sé e’ danari perderanno, senza aver gioia saputo che sia nella lor vita. Iddio gli faccia tristi, ed agli amanti doni i loro acquisti. |
Ottave sconnesse e saltellanti, assai inferiori alle bellissime che precedono; il poeta sa meglio descrivere che ragionare: pure ci senti per entro un po’ di calore, e la conclusione è felicissima: è un moto súbito e vivace di immaginazione come di rado gl’incontra.
Sotto aspetto epico questo racconto è una vera novella con tutte le situazioni divenute il luogo comune delle storie d’amore: i primi ardenti desiri, l’intramessa di un amico pietoso e le ritrosie della donna, le raffinate voluttá del godimento, la separazione degli amanti, le promesse e i giuramenti e gli svenimenti della donna, la sua fragilitá e i lamenti e i furori del tradito amante. Sotto vernice antica spunta il mondo interiore del Boccaccio: una mollezza sensuale dell’immaginazione congiunta con una disposizione al comico e al satirico. L’infedeltá di Griseida lo fa uscire in questo ritratto della donna:
Giovane donna è mobile, e vogliosa è negli amanti molti, e sua bellezza estima piú ch’alio specchio, e pomposa ha vanagloria di sua giovinezza; la qual quanto piacevole e vezzosa è piu, cotanto piú seco l’apprezza: virtú non sente né conoscimento, volubil sempre come foglia al vento. |
A Beatrice e Laura succede Griseida; all’amore platonico l’amore sensuale; al volo dell’anima verso la sua patria, il cielo,
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