Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1912 – BEIC 1806199.djvu/323

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ix - il «decamerone» 317


Il contrasto avrebbe fortificata la fede negli uni e le convinzioni negli altri, e generata una letteratura piena di vigore e di sostanza, alla quale non sarebbe mancata né la passione di Lutero né l’eloquenza di Bossuet né il dubbio di Pascal, né le forme letterarie possibili solo dove la vita interiore è forte e sana. Cosi il movimento sarebbe stato insieme negativo e positivo, il distruggere sarebbe stato insieme l’edificare. Ma, le audacie del pensiero punite inesorabilmente, troncata col sangue l’opposizione ghibellina, rimaso il papato arbitro e vicino e sospettoso e vigile, quel mondo religioso, cosi corrotto ne’ costumi come assoluto nelle dottrine e grottesco nelle forme, al contatto con una coltura cosi rapida e con lo spirito fatto adulto e maturo dallo studio degli antichi scrittori, non potè esser preso sul serio dalla gente colta, che pure è quella che ha in mano l’indirizzo della vita nazionale. Nacque a questo modo fa scissura tra fa gente colta e tutto il rimanente della societá, che pure era la gran maggioranza, rimasa passiva e inerte in mano al prete di Varlungo, a donno Gianni, a frate Rinaldo e a frate Cipolla. Sicché per la gente istruita quel mondo divenne il mondo del volgo o de’ meccanici, e saperne ridere era segno di coltura: ne ridevano anche i chierici che volevano esser tenuti uomini colti. Cosi coesistevano, l’una accanto all’altra, due societá distinte, senza troppo molestarsi. La libertá del pensiero era negata, vietato mettere in dubbio la dottrina astratta; ma, quanto alla pratica, era un altro affare: si viveva e si lasciava vivere, trastullandosi tutti e sollazzandosi nel nome di Dio e di Maria. Gli stessi predicatori ne davano esempio, cercando di divertire il pubblico con motti e ciance ed iscede; cosa che al buon Dante muoveva lo stomaco e che faceva ridere il Boccaccio, scrivendo nella conclusione del suo Novelliere. «Se le prediche de’ frati per rimorder delle lor colpe gli uomini il piú oggi piene di motti e di ciance e di scede si veggono, estimai che quegli medesimi non stesser male nelle mie novelle, scritte per cacciar la malinconia delle femmine». L’indignazione di Dante era caduta: sopravvenne il riso, come di cose oramai comuni. Non si move la bile se non in quelli die credono e veggono profanata la loro credenza ne’ fatti: è