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xi - le «stanze» 343


latine. Ciò che ferve nell’intimo seno di una societá, tosto o tardi vien su e spezza ogni involucro. Si dá colpa al latino che questo non sia avvenuto; e se il medio evo non ha potuto sviluppare tra noi tutte le sue forme, se il mondo interiore della coscienza s’è infiacchito, la colpa è de’ classici che paganizzarono la vita e le lettere! La veritá è che i classici di questo fatto sono innocentissimi. Certo, il mondo di Orazio e di Virgilio, di Tucidide e di Livio non è un mondo fiacco e frivolo. E se i latinisti non poterono riprodurne che l’esterno meccanismo, e se sotto a quel meccanismo ci è il vuoto, gli è che il vuoto era nell’anima loro, e nessuno dá ciò che non ha. Un cuore pieno trova il modo di spandersi anche nelle forme piú artificiali e piú ripugnanti.

Leggete questi latinisti. Cosa c’è li dentro che viva e si mova? Lo spirito del Boccaccio, che aleggia in quei versi e in quelle prose: la quiete idillica e il sale comico, in una forma elegante e vezzosa. Questo studio dell’eleganza nelle forme, accompagnato co’ tranquilli ozi della villa e i sollazzevoli convegni della cittá, era in iscorcio tutta la vita del letterato.

Cosi, quando il secolo era travagliato da mistiche astrazioni e da disputazioni sottili, il latino fu scolastico. E ora che il naturalismo idillico e comico del Boccaccio è il vero e solo mondo poetico, il latino è idillico, dico il latino artistico e vivo. La grande orchestra di Dante è divenuta giá nel Petrarca la flebile elegia. In questo latino elegante il dolore è elegiaco, e il piacere è idillico. La vita è tutta al di fuori, è un riso della natura e dell’anima: la stessa elegia è un rapimento voluttuoso de’ sensi. Sulle rive di Mergellina il Pontano canta gli Amori e i Bagni di Baia, ora tutto vezzeggiativi e languori, ora motteggevole e faceto. Mergellina, Posilipo, Capri, Amalfi, le isole, le fonti, le colline escono dalla sua immaginazione pagana ninfe vezzose e allegrano le nozze della sua Lepidina. La crassa sensualitá è vaporizzata fra le grazie dell’immaginazione e i deliziosi profumi dell’eleganza. La sua musa, come la sua colomba, «fugit insulsos et parum venustos», «odit sorditiem», nega i suoi doni a quelli che sono «illepidi atque inelegates», e «gaudet