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Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1912 – BEIC 1806199.djvu/350

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344 storia della letteratura italiana

nitore», e rassomiglia alla sua «puella», di cui nessuna «vivit mundior elegantiorve». Spirito ed eleganza, questo è il mondo poetico di una borghesia colta e contenta, che cantava i suoi ozi e passava il tempo tra Quintiliano, Cicerone, Virgilio, e i bagni e le cacce e gli amori. Ne senti l’eco tra le delizie di Baia e tra le villette di Fiesole. Il Pontano scrivea la Lepidina tra’ susurri della cheta marina; il Poliziano scrivea il Rusticus tra le aure della sua villetta fiesolana. In tutte e due ispiratrice è la bella natura campestre, con piú immaginazione nel Pontano, con piú sentimento nel Poliziano. Piace la «cerula» ninfa Posilipo e la «candida» Mergellina; e quel voler essere uccello per cascarle in grembo è un bel tratto galante, una sensualitá dell’immaginazione. Il Pontano è figurativo, tutto vezzi e tutto spirito; il Poliziano è piú semplice, piú vicino alla natura, e te ne dá l’impressione:

hic resonat blando libi pinus amata susurro;
hic vaga coniferis insibilat aura cupressis:
hic scatebris salit et bullantibus incita venis
pura coloratos interstrepit unda lapillos.

Questo latino, maneggiato con tanta sveltezza, modulato con tanta grazia, non cade nel vuoto come lingua morta, e questi canti non sono stimati lavori di pura erudizione e imitazione. Lorenzo Valla chiama il latino la «lingua nostra»: nessuna cosa di qualche importanza non si scrivea se non in latino, e metteasi a fuggire il volgare quello studio che oggi si mette a fuggire il dialetto. Dante stesso era detto «poeta da calzolai e da fornai». Non pareva impossibile continuare il latino come i greci continuavano il greco, parlare la lingua universale, la lingua della scienza e della coltura, essere intesi da tutti gli uomini istrutti.

Ma queste tendenze trovavano naturale resistenza a Firenze, dove il volgare avea messo salde radici, illustrato da tanta gloria, né potea parer vergogna scrivere nella lingua di Dante e del Petrarca. Ivi una classe colta nettamente distinta non era, e popolo grasso e popolo minuto erano ancora il popolo, con una comune fisonomia. Grandissima l’ammirazione de’ classici;