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356 storia della letteratura italiana


Questi fenomeni sono cosí bene scelti, legati con tanto accordo di pause e di tono, armonizzati con suoni cosí freschi e soavi, che sembrano le voci di un solo motivo, e te ne viene non all’occhio ma all’anima l’insieme; ed è quel senso d’intima soddisfazione, che ti dá la primavera, la voluttá della natura. In Dante non ci è voluttá, ma ebbrezza: cosí è trascendente. Nel Boccaccio non ci è voluttá, ma sensualitá. La voluttá è la musa della nuova letteratura, è l’ideale della carne o del senso, è il senso trasportato nell’immaginazione e raffinato, divenuto sentimento. Qui è una voluttá tutta idillica, un godimento della natura senz’altro fine che il godimento, con perfetta obblivione di tutto l’altro: senti le prime e fresche aure di questo mondo della natura, assaporato da un’anima il cui universo era la villetta di Fiesole illuminata e abbellita da Teocrito e da Virgilio. Da questa doppia ispirazione, un intimo godimento della natura accompagnato con un sentimento puro e delicato della forma e della bellezza, sviluppato ed educato da’ classici, è uscito il nuovo ideale della letteratura, l’ideale delle Stanze: una tranquillitá e soddisfazione interiore, piena di grazia e di delicatezza nella maggior pulitezza ed eleganza della forma; ciò che possiamo chiamare in due parole «voluttá idillica». Il contenuto di questo ideale è l’etá dell’oro e la vita campestre, con tutto il corteggio della mitologia: ninfe, pastori, fauni, satiri, driadi, divinitá celesti e campestri, in una scala che dal piú puro e piú delicato va sino al lascivo e al licenzioso. La forma è il descrittivo ammollito e liquefatto in dolci note musicali, quale apparisce nell’Orfeo e nelle Stanze; i due modelli di questa letteratura, che, iniziata nel Boccaccio, andrá fino al Metastasio.

La quale non è lavoro solitario di letterato nel silenzio del gabinetto, ma è lo spirito stesso della societá, come si andava atteggiando, còlto nelle costumanze e feste pubbliche. Centro di questo movimento è Lorenzo de’ Medici, col suo coro di dotti e di letterati: il Ficino, il Pico, i fratelli Pulci, il Poliziano, il Rucellai, il Benivieni e tutti gli accademici. La letteratura vien fuori tra danze e feste e conviti.