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xii - il cinquecento 417


Essendo tutto un giuoco d’immaginazione, a cui rimane estraneo il cuore e la mente, la forma comica nella quale si dissolve è la caricatura degradata sino alla pura buffoneria. Lo spirito volge in giuoco anche quel giuoco d’immaginazione, intorno a cui si travagliarono con tanta serietá il Boccaccio, il Sacchetti, il Magnifico, il Poliziano, il Pulci, il Berni, il Lasca, divenuto nel Furioso il mondo organico dell’arte italiana; e traduce l’ironia ariostesca in aperta buffoneria, avvolgendo in una clamorosa risata tutti gl’idoli dell’immaginazione, antichi e nuovi. La nuova arte, uscita dalla dissoluzione religiosa, politica e morale del medio evo e rimasta nel vuoto, innamorata di solo se stessa come Narciso, va a morire per mano di un frate sfratato, di Teofilo Folengo: muore ridendo di tutto e di se stessa. La Maccaronea del Folengo chiude questo ciclo negativo e comico dell’arte italiana.

Ma ci era anche un lato positivo. Mentre ogni specie di contenuto è messa in giuoco e l’arte, cacciata anche dal regno dell’immaginazione, si scopre vuota forma, un nuovo contenuto si va elaborando dall’intelletto italiano, e penetra nella coscienza e vi ricostruisce un mondo interiore, ricrea una fede non piú religiosa ma scientifica, cercando la base non in un mondo soprannaturale e sopraumano, ma al di dentro stesso dell’uomo e della natura. Pomponazzi, negando l’esistenza degli universali, rigettando i miracoli, proclamando mortale l’anima e spezzando ogni legame tra il cielo e la terra, pose obbiettivo della scienza l’uomo e la natura. Platonici e aristotelici per diverse vie proclamavano l’autonomia della scienza, la sua indipendenza dalla teologia e dal dogma. La Chiesa lasciava libero il passo a tutta quella letteratura frivola e oscena e a tutta quella vita licenziosa, della quale era esempio la corte di Leone; ma non potea veder senza inquietudine questo risvegliarsi dell’intelligenza nelle scuole. Il materialismo pratico, l’indifferenza religiosa era spettacolo vecchio; ma la spaventava quel materialismo alzato a dottrina e l’indifferenza divenuta aperta negazione, con quella ipocrita distinzione di cose vere secondo la fede e false secondo la scienza. Il concilio lateranense testimonia la sua inquietudine. Leone


F. de Sanctis, Storia della letteratura italiana - i.

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