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418 storia della letteratura italiana


decimo proclama eresia quella distinzione, proibisce l’insegnamento di Aristotile e sottopone i libri alla censura ecclesiastica. A che prò? Il materialismo era il motto del secolo. Leone decimo stesso era un materialista, come fu Lorenzo con tutto il suo platonismo. Né altro erano il Pulci, il Berni, il Lasca e gli altri letterati, ancoraché si guardassero di dirlo. Alcuni manifestavano con franchezza la loro opinione, come Lazzaro Bonamico, Giulio Cesare Scaligero, Simone Porzio, Andrea Cesalpino, Speron Speroni e quel professore Cremonini da Cento che fe’ porre sulla sua tomba: «Hic iacet Cremonínus totus». Quando gli studenti avevano innanzi un professore nuovo e lo vedevano nicchiare, gli dicevano subito: — Cosa pensate dell’anima? —

Quando il materialismo apparve, la societá era giá materializzata. Il materialismo non fu il principio: fu il risultato. Fino a quel punto il dogma era stato sempre la base della filosofia e il suo passaporto. Era un sottinteso che la ragione non poteva contraddire alla fede, e, quando contraddizione appariva, si cercava il compromesso, la conciliazione. Cosi poterono lungamente vivere insieme Cristo e Platone, Dio e Giove: tutta la coltura era unificata nell’arte e nel pensiero, e non si cercava con quanta logica e coesione e con quanta buona fede. In nome della coltura si paganizzavano le forme cattoliche anche da’ piú pii, come ne’ loro poemi sacri facevano il Sannazaro e e il Vida: si paganizzò anche san Pietro, e paganizzava anche Leone decimo. Tutto questo era arte, era civiltá, e non solo non era impedito, anzi promosso e incoraggiato: farvi contro non si poteva senza aver taccia di barbaro e incolto. E si tollerava pure Pasquino, voglio dire quella buffoneria universale, le cui maggiori spese le facevano preti, frati, vescovi e cardinali.

In quella corruzione cosi vasta, soprattutto nel clero, era il caso di dire: «petimusque damusque vicissim»; e tutti ridevano, e primi i beffati. Di cose di religione non si parlava; e, quando era il caso, le si faceva di berretto, se ne osservavano le forme e il linguaggio per l’antica abitudine, senza darvi alcuna importanza. Sotto il manto dell’indifferenza ci era la negazione. In