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e la terra trema, gli angioli cantano «Osanna» e Beatrice par che dica: — Io sono in pace. — Ci è la terra co’ suoi dolori e il cielo con le sue estasi, il mondo lirico nel momento misterioso della sua unitá. Non credo che la lirica del medio evo abbia prodotto niente di simile a questo sogno di Dante, di una rara perfezione per chiarezza d’intuizione, per fusione di tinte, per profonditá di sentimento, per correzione di condotta e di disegno, per semplicitá e veritá di espressione.

Ma se questo mondo logicamente è uno e concorde, esteticamente è scisso, perché non è insieme terra e cielo, ma è ora l’uno ora l’altro, imperfetti ambidue. Il fantasma è spesso simile piú ad un’allegoria che ad una realtá, ed è stazionario, senza successione e senza sviluppo, senza storia. La realtá è pura scienza, in forma scolastica. Si può dire che, quando in questo mondo comincia la realtá, allora appunto muore la poesia, s’inaridisce la fantasia e il sentimento. È un difetto organico di questo mondo, che resiste a tutti gli sforzi dell’arte, resiste a Dante.

D’altra parte, Dante vi si mostra piú poeta che artista. Quel mondo è per lui cosa troppo seria perché possa contemplarlo col sereno istinto dell’arte. Poco a lui importa che la superficie sia scabra, purché ci sia sotto qualche cosa che si mova. Perciò è sefhpre evidente, spesso arido e rozzo. L’Italia ha giá il suo poeta; non ha ancora il suo artista.