Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/125

Da Wikisource.

i piu minuti e familiari, della vita fiorentina, come le derrate, i drappi, le monete, i prestiti : materiale prezioso per la storia. Ma questa cruda realtá, scompagnata dalla vita interiore che la produce, è priva di colorito e di fisonomia e riesce monotona e sazievole.

La Cronaca di Dino e le tre Cronache de’ Villani comprendono il secolo. La prima narra la caduta de’ Bianchi, le altre raccontano il regno de’ Neri. Tra’ vinti erano Dino e Dante, tra’ vincitori erano i Villani. Questi raccontano con quieta indifferenza, come facessero un inventario; quelli scrivono la storia col pugnale. Chi si appaga della superficie, legga i Villani; ma chi vuol conoscere le passioni, i costumi, i caratteri, la vita interiore da cui escono i fatti, legga Dino.

Finora non abbiamo creduto necessario di entrare nel vivo della storia, perché gli scrittori, o ascetici o cavallereschi o didattici, scrivono come segregati dal mondo. Ma Dino vive nel mondo e col mondo; i fatti che racconta sono i fatti suoi, parte della sua vita; e la sua Cronaca è lo specchio del tempo, non nelle regioni astratte della scienza o nel fantastico della cavalleria e dell’ascetica, ma nella realtá della vita pubblica.

I partiti che straziavano Firenze, con nomi venuti da Pistoia, erano detti i Neri e i Bianchi, gli uni capitanati da’ Donati e gli altri da’ Cerchi, famiglie potentissime di ricchezza e di aderenze. Dante sperò di poter pacificare la cittá, mandando in esilio i due piú potenti e irrequieti capi delle due fazioni, Corso Donati e Guido Cavalcanti. Venuto malato, il Cavalcanti fu richiamato, ma non Corso Donati : di che si menò molto scalpore, massime che Dante era Bianco e amico del Cavalcanti.

I Neri erano Guelfi puri e si appoggiavano sui popolani e sul papa, vicino influente e centro di tutti gl’ intrighi e le cospirazioni guelfe. Bonifazio ottavo, venuto dopo il giubileo in maggior superbia, avea chiamato a sé con molte promesse Carlo di Valois, detto per dispregio «senza terra», e mandatolo a Firenze sotto colore di pacificare la cittá, ma col proposito di ristorarvi la parte nera. Qui comincia il dramma, esposto con si vivi colori dal nostro Dino nel libro secondo.