Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/138

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rima e del ritmo, come donna bella «per naturai bellezza» e non per «gli adornamenti delTazzimare e delle vestimenta», e che «altissimi e novissimi concetti, convenientemente, sufficientemnte e acconciamente, quasi come per esso latino», vi «si esprimono». E finisce con queste profetiche parole: «Questo sará luce nuova, sole nuovo, il quale surgerá ove l’usato tramonterá».

Tanta veemenza nell ’accusare, tanto ardore nel magnificare può fare intendere quanto radicata e sparsa era l’opinione degl’infiniti «ciechi», com’egli li chiama, che tenevano il volgare inetto alla prosa. E non ottenne T intento. Il latino continuò a prevalere: egli medesimo, lasciato a mezza via il Convito, trattò in latino e la rettorica e la politica, che insieme con l’etica era la materia ordinaria dei trattati scientifici.

Il libro De vulgari eloquio non è un «fior di rettorica», quale si costumava allora, un accozzamento di regole astratte cavate dagli antichi; ma è vera critica applicata ai tempi suoi, con giudizi nuovi e sensati. La base di tutto l’edifizio è la lingua nobile, aulica, cortigiana, illustre, che è dappertutto e non è in alcuna parte, di cui ha voluto dare esempio nel Convito. Questo ideale parlare italico è illustre, in quanto si scosta dagli elementi locali ove prendono forma i dialetti, e si accosta alla maestá e gravitá del latino, la lingua modello. Voleva egli far del volgare quello che era il latino: non la lingua delle persone popolari, ma la lingua perpetua e incorruttibile degli uomini colti. Sogno assai simile a quello di una lingua imi versale, fondata co’ procedimenti artificiali della scienza. Scegliere il meglio di qua e di lá e far cosa una e perfetta, sembra cosa facile e assai conforme alla logica, ma è contro natura. Le lingue, come le nazioni, vanno all’unitá per processi lenti e storici; e non per fusioni preconcette, ma per graduale assorbimento e conquista degli elementi inferiori. Il ghibellino, che dispregiava i dialetti comunali e voleva un parlare comune italico di cui abbozzava T immagine, ti rivelava giá lo scrittore della Monarchia.

Il trattato De monarchia è diviso in tre libri. Nel primo dimostra la perfetta forma di governo essere monarchica; nel