Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/153

Da Wikisource.

meccanico mostruoso, il cui significato è fuori di sé, com’ è il grifone del purgatorio, l’aquila del paradiso, e il Lucifero, e Dante con le sette «P» incise sulla fronte.

La poesia non s’era ancora potuta sciogliere dall’ allegoria. Il cristianesimo in nome del Dio spirituale facea guerra non solo agl’idoli, ma anche alla poesia, tenuta lenocinio e artifizio: voleva la nuda veritá. E veritá era filosofia o storia: la veritá poetica non era compresa. La poesia era stimata un tessuto di menzogne, e «poeta» e «mentitore», come dice il Boccaccio, era la stessa cosa; i versi erano chiamati, come dice san Girolamo, «cibo del diavolo». La poesia perciò non fu accettata se non come simbolo e veste del vero: l’ allegoria fu una specie di salvacondotto, pel quale potè riapparire fra gli uomini. Erano detti «poeti solenni», a distinzione de’ «popolari», i dotti che esprimevano in poesia la dottrina sotto figura o in forma diretta. Dante definisce la poesia «banditrice del vero», sotto «il velame della favola ascoso», di modo che il lettore «sotto alla dura corteccia, sotto favoloso e ornato parlare, trovi salutari e dolcissimi ammaestramenti». La poesia è in sé una «bella menzogna», che non ha alcun valore se non come figura del vero.

Con questa falsa poetica, di cui abbiamo visto l’ influenza ne’ nostri lirici, Dante lavora sopra idee astratte : trova una serie di concetti, e poi ti forma una serie corrispondente di oggetti. Le menti erano assuefatte a questo processo, a correre al generale. Il campo ordinario della filosofia scolastica era l’«ente» con tutte le altre generalitá; e la pratica del sillogismo avea avvezzi tutti, anche i poeti, a cercare in ogni cosa la maggiore, la proposizione generale. Ora quel mondo di concetti è la maggiore dell’altro mondo.

Quali sieno questi concetti, io dirò quasi con le stesse parole di Dante.

La patria dell’anima è il cielo e, come dice Dante, discende in noi da altissimo abitacolo. Essa partecipa della natura divina.

L’anima, uscendo dalle mani di Dio, è «semplicetta», «sa nulla»; ma ha due facoltá innate, la ragione e l’appetito, «la