Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/204

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~L’ Inferno è l’uomo compiutamente realizzato come individuo, nella pienezza e libertá delle sue forze. E può misurare la grandezza dell’opera chi vede gli abbozzi di Dino Compagni, o lo scarno Ezzelino, o le rozze formazioni de’ misteri e delle leggende. L’ individuo era ancora astratto e impigliato nelle formole, nelle allegorie e nell’ascetismo. In quelle vuote generalitá ci è la donna e l’uomo, come genere, come simbolo, come l’anima: manca l’individuo. E manca tanto, che spesso non ha un nome, ed è la «mia donna» o «un giovine», «un santo uomo» . Non un nome solo era rimasto vivo nel mondo dell’arte, fra tante Uriche e leggende. Dante volea scrivere il mistero dell’anima; si cacciò tra aUegorie e formole : ed ecco uscirgh dalla fantasia l’ individuo, valente e possente, nel rigogUo e nella gioventú della forza, spezzato il nòcciolo dove lo avea chiuso il medio evo. I pittori disegnavano santi e cupole, i filosofi fantasticavano sull’ente, i Urici platonizzavano, gU ascetici contemplavano e pregavano : Dante pensava l’ inferno; e lá, tra’ furori della carne e l’ infuriar delle passioni, trovava la stoffa di Adamo, l’uomo com’ è impastato con la sua grandezza e con la sua miseria, e non descritto ma rappresentato e in azione, e non solo ne’ suoi atti ma ne’ suoi motivi piú intimi. Cosi apparvero sull’orizzonte poetico Francesca, Farinata, Cavalcanti, la Fortuna, Pier delle Vigne, Brunetto, Capaneo, UUsse, Vanni Fucci, il «nero cherubino», Niccolò terzo e UgoUno. Tutte le corde del cuore umano vibrano. Vedi, attorno a questa schiera d’ immortali, turba infinita di popolo nella maggior varietá di attitudini, di forme, di sentimenti, di caratteri, che ti passano avanti, alcuni appena sbozzati, altri numero e nome, altri segnati in fronte di qualche frase indimenticabile che U eterna, come Taide, Mosca, Giasone, Omero, Aristotele, papa Celestino, Bonifazio, Clemente, Bruto, Bocca degU Abati, Bertram dal Bornio.

Nel regno de’ morti si sente per la prima volta la vita del mondo moderno. Come è beffa la luce, «il dolce lome», a Cavalcanti! Quanta malinconia è in queffa selva de’ suicidi, spogffata del verde! Come è commovente Brunetto, che raccomanda