Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/234

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che, benché dalla proda veggia il fondo, in pelago non vede; e nondimeno egli è, ma ’l cela lui Tesser profondo.

La letizia, che move le anime e «trascende ogni dolzore», non è se non beatitudine. E rende beate le anime l’entusiasmo dell’amore e la chiarezza intellettiva o, come dice Dante, «luce intellettual piena d’amore». Esse hanno allegro il cuore e allegra la mente. Nel cuore è perenne desiderio e perenne appagamento. Nella mente la veritá sta come «dipinta».

La luce è forma inadeguata della beatitudine. Ti dá la parvenza, ma non il sentimento e non il pensiero. Spuntano perciò due altre forme : il canto e la visione intellettuale.

Quello che nel purgatorio è amicizia, nel paradiso è amore, ardore di desiderio, placato sempre, non saziato mai, infinito come lo spirito. Stato lirico e musicale, che ha la sua espressione nella melodia e nel canto. La medesimezza del sentimento spinto sino all’ entusiasmo genera la comunione delle anime; la persona non è T individuo ma il gruppo, come è delle moltitudini nei grandi giorni della vita pubblica. I gruppi qui non sono cori, che accompagnino e compiano l’azione individuale, ma sono la stessa individualitá diffusa in tutte le anime; e se vogliamo chiamarli cori, sono il coro di personaggi invisibili e muti, di Cristo, di Maria e d’ Iddio. Ecco il coro di Maria :

Per entro ’l cielo scese una facella, formata in cerchio a guisa di corona, e cinsela e girassi intorno ad ella.

Qualunque melodia piú dolce suona quaggiú e piú a sé l’anima tira, parrebbe nube che squarciata tuona, comparata al suonar di quella lira, onde si coronava il bel zaffiro, di ’l quale il ciel piú chiaro s’ inzaffira.

— Io sono amore angelico che giro l’alta letizia, che spira del ventre che fu albergo del nostro desiro;