Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/26

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questo patto non fina 1 , ed io tutt’ardo e incendo.

La voglia mi domanda

cosa che non suole,

una luce piú chiara che ’ 1 sole;

per ella vo languendo.

In queste rappresentazioni schiette dell’animo, e non astratte e pensate, ma in casi ben determinati e circoscritti, il poeta è sincero, vede con chiarezza istintiva quello s’ ha a fare e dire, come fa il popolo, e non esprime i suoi sentimenti, perché non ne ha coscienza, tutto dietro alle cose che gli si presentano, dette però in modo che ti suscitano anche le impressioni provate dal poeta. A lui basta dire il fatto e la sua immediata impressione, senza dimorarvi sopra, parendogli che la cosa in se stessa dica tutto : semplicitá rara ne’ meridionali, dov’ è maggiore espansione, ma che è qualitá principale del parlare fiorentino. Uno stupendo esempio trovi in questo sonetto della Compiuta donzella fiorentina, la divina Sibilla, come la chiama maestro Torrigiano :

Alla stagion che il mondo foglia e fiora, accresce gioia a tutti fini amanti: vanno insieme alli giardini allora che gli augelletti fanno nuovi canti.

La franca gente tutta s’ innamora, ed in servir ciascun traggesi innanti, ed ogni damigella in gioí’ dimora, e a me ne abbondan smarrimenti e pianti.

Ché lo mio padre m’ ha messa in errore 2 e tienemi sovente in forte doglia : donar mi vuole a mia forza signore.

Ed io di ciò non ho disio né voglia, e in gran tormento vivo a tutte l’ore: però non mi rallegra fior né foglia.

1 Non ha fine o effetto.

2 «Errore», errare di mente, inquietudine.