Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/283

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Dite. E, ribattendo quelli «uomini disensati», cbe chiamano i poeti antichi inventori di favole «a ninna veritá consonanti», conclude che «la teologia e la poesia quasi una cosa si posson dire», anzi che la «teologia niun’altra cosa è che una poesia d’iddio» e «poetica Azione». L’erudito poeta non si arresta qui, e ci regala la favola di Dafne, amata da Febo e in lauro convertita, per darci spiegazione perché i poeti avevano la corona d’alloro. Di quello che fu il mondo interiore di Dante qui non è alcun vestigio; invece il mondo esterno vi è sviluppato fino all’aneddoto, fino al pettegolezzo. Ci si vede uno spirito curioso e profano, che cerca il maraviglioso e lo straordinario negli accidenti umani, disposto a spiegarli con la superficialitá di un erudito e di un uomo di mondo o «del secolo», come si diceva allora. Spende le ultime pagine ad almanaccare sopra un sogno attribuito alla madre di Dante e vi fa pompa di tutta la sua erudizione. Sotto il suo sguardo profano Beatrice perde tutta la sua idealitá, e l’amore di Dante, scacciato dalle sue regioni ascetiche e platoniche e scolastiche, acquista una tinta romanzesca. Il nostro Giovanni non si fa capace come Dante a nove anni abbia potuto amare Beatrice. Il caso gli pare strano e ne cerca diverse spiegazioni. Forse fu «conformitá di complessioni o di costumi», forse anche «influenza del cielo». Ma queste spiegazioni non lo appagano, e si ferma in quest’altra, che cava dall’esperienza. Dante, secondo lui, vide Beatrice in una festa il primo di maggio, quando «la dolcezza del cielo riveste dei suoi ornamenti la terra, e tutta per la varietá de’ fiori mescolati tra le verdi fronde la fa ridente», e

per isperienza veggiamo nelle feste, per la dolcezza de’ suoni, per la generale allegrezza, per la dilicatezza de’ cibi e de’ vini, gli animi eziandio degli uomini maturi non che de’ giovanetti ampliarsi e divenire atti a poter leggiermente esser presi da qualunque cosa che piace.

Dante dunque amò fanciullo per la stessa ragione che può amare un uomo maturo; i cibi e i vini delicati e l’allegrezza generale, ecco ciò che dispose il suo animo all’amore. Beatrice