Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/367

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canto delle «fanciulle», o delle «giovani donne», o de’ «romiti», o de’ «poveri». Il motivo generale è l’amor licenzioso, stuzzicato spesso da equivoci e allusioni che mettono in moto V immaginazione. È il cinismo del Boccaccio giunto in piazza e portato in trionfo. La rappresentazione della vita e de’ costumi e delle condizioni sociali e l’allegra caricatura, che sono l’anima di questo genere di letteratura, com’ è nel «carnevale» di Goethe, si perdono ne’ bassi fondi della oscenitá plebea. Cosa ora possono essere le sue Laude se non parodie? Concetti, antitesi, sdolcinature e freddure.

In questa pozzanghera finirono le serenate, le mattinate, le dipartite, le ritornate, le lettere, gli strambotti, le cacce, le mascherate, le frottole, le ballate, venute a mano de’ letterati. Il mondo del Boccaccio e del Sacchetti perde i suoi vezzi e le sue leggiadrie ne’ sonetti plebei del canonico Franco e suoi pari che non avevano neppure l’arguzia e la festivitá di Lorenzo.

Il popolo era meno corrotto de’ suoi letterati. Ne’ suoi canti non trovavi certo l’amore platonico e ascetico e i concetti raffinati, ma neppure gli equivoci osceni di Lorenzo e le brutture del Franco.

La piú schietta voce di questa letteratura popolare è Angelo Poliziano. Rado cápita negli equivoci. Scherza, motteggia, ma con urbanitá e decenza, come ne’ suoi consigli alle donne :

Io vi vo’, donne, insegnare come voi dobbiate fare;

e nel «ritratto della vecchia», e in quella ballata graziosissima:

Donne mie, voi non sapete eh’ i’ ho el mal ch’avea quel prete.

Nelle sue ballate senti la gentilezza e la grazia delle «montanine» di Franco Sacchetti, massime quando il fondo è idillico, come nella ballata dell’ «augell etto», e nell’altra:

I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino di mezzo maggio, in un verde giardino.