Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/62

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amore giovanile, nella sua purezza e verginitá, piú nell’ immaginazione cke nel cuore. Beatrice è piú simile a sogno, a fantasma, a ideale celeste, che a realtá distinta e che produca effetti propri. Uno sguardo, un saluto è tutta la storia di questo amore. Beatrice mori angiolo prima che fosse donna, e l’amore non ebbe tempo di divenire ima passione, come si direbbe oggi; rimase un sogno ed un sospiro. Appunto perché Beatrice ha cosi poca realtá e personalitá, esiste piú nella mente di Dante che fuori di quella, ed ivi coesiste e si confonde con l’ ideale del trovatore, l’ ideale del filosofo e del cristiano : mescolanza fatta con perfetta buona fede, e perciò grottesca certo, ma non falsa e non convenzionale. Queste, che presso gli altri sono astrattezze scolastiche e rettoriche, qui sona cacciate nel fondo del quadro; sono non il quadro, ma contorni e accessorii. Il quadro è Beatrice, non cosi reale che tiri e chiuda in sé l’amante, ma reale tanto che opera con efficacia sul suo cuore e sulla sua immaginazione. Non ci è proprio l’amante, ma ci è il poeta, che per questo o quello incidente anche minimo del suo amore si sente mosso a scrivere se stesso in un sonetto o in una canzone. Quando il suo animo è tranquillo, fa capolino il dottore, il retore e il rimatore; ma quando il suo animo è veracemente commosso, Dante gi.tta via il suo berretto di dottore e le sue regole rettoriche e le sue reminiscenze poetiche, e ubbidisce all’ ispirazione. Allora è Beatrice, solo Beatrice, che occupa la sua mente; e le sue impressioni, appunto perché immediate e sincere, sono quasi pure di ogni mescolanza. Il suo amore si rivela schietto come lo sente, piú adorazione e ammirazione che appassionato amore di donna. Tale è il sonetto :

Tanto gentile e tanto onesta pare.

E tale è la ballata ove, con la grazia e l’ ingenuitá di una fanciulla scesa pur ora di cielo, cosi parla Beatrice:

Io mi son pargoletta bella e nova, e son venuta per mostrarmi a vui dalle bellezze e loco dond’ io fui.