Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/81

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crettorica; ser Brunetto traduceva il trattato De inventíone di Cicerone e parecchie orazioni di Sallustio e di Livio, e sotto nome di Fiore di filosofi e di molti savi raccoglieva i detti e i fatti degli antichi filosofi, Pitagora, Democrito, Socrate, Epicuro, Teofrasto, e dí uomini illustri, come Papirio, Catone. Ecco i «fiori» di Plato :

Plato fue grandissimo savio e cortese in parole, e disse queste sentenzie.

In amistade né in fede non ricevere uomo folle : piú leggermente si passa l’odio de’ folli e de’ malvagi che la loro compagnia.

A neuno uomo ti fare troppo compagno. L’uomo è troppo cosa singulare; non puote sofferire suo pare, de’ suoi maggiori hae invidia, de’ suoi minori hae disdegno, a’ suoi iguali non leggeremente s’accorda.

Quelli sono pessimi e maliziosi nimici, che sono nella fronte allegri e nel cuore tristi.

Secondo la rettori ca di quel tempo si diceva «fiore» quel raccogliere il meglio degli antichi e offrirlo al pubblico come un bel mazzetto. E si diceva anche «giardino» come spiegava Bono Giamboni nel suo Giardino di consolazione, versione del latino : «e chiamasi questo Giardino di consolazione, imperò che, siccome nel giardino altri si consola e trova molti fiori e frutti, cosi in questa opera si trovano molti e begli detti, li quali l’anima del divoto leggitore indolcirá e consolerá». In effetti questo bel libro, dov’ è molta semplicitá e grazia di dettato, è una descrizione de’ vizi e delle virtú, con sopra ciascuna materia i detti de’ savi e de’ santi padri, tanto che si può veramente dire dell’autore: «il piú bel fior ne colse». Ecco il capitolo dell ’Ebrietade:

Ebrietade, secondo che dice santo Agostino, è «vile sepoltura della ragione e furore della mente». Anche dice: «L’ebrietá è lusinghiere demonio, dolce veleno, soave peccato». Anche dice: «La ebrietá molti n’ ha guasti, toglie il senno, fa venire infermitadi, ingrossa lo ingegno, accende alla lussuria, non tiene segreto, induce a male parole». Santo Basilio dice: «L’ebro, quando pensa bere, si è beuto : come lo pesce che con grande disiderio inghiottisce l’esca