Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. I, 1962 – BEIC 1807078.djvu/85

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Questo era il tèma comune delle prediche, salvo che qui il predicatore è la Filosofia, che si fa interprete di Dio, e cita Salomone e san Pietro e i santi padri. Questo concetto è l’ idea fondamentale della «leggenda)), una storia fantastica la cui base è il peccatore condannato o redento. In queste leggende Dio e il demonio sono gli attori principali : Dio che co’ suoi angioli e le sue virtú tira l’anima alla rinunzia de’ beni terrestri e alla contemplazione delle cose celesti, e il demonio che la tiene stretta e affezionata alla terra. L’uomo, mosso delle naturali inclinazioni, vende l’anima al demonio pur d’essere felice in terra; e lo spettacolo finisce nelle tenebre e nel fuoco dell’ inferno. Ma spesso la tragedia si solve nella commedia, cioè nel trionfo e nel gaudio dell’anima, quando, aiutata dalla divina grazia, sa riscattarsi dal demonio e acquistare il paradiso. Questa lotta tra Dio e il demonio è la battaglia dei vizi e delle virtudi, che nella Introduzione alle virtú del Giamboni la Filosofia mostra al suo servo, perché in quella immagine fortifichi la sua fede. Questa è pure la base della leggenda del dottore Fausto che vendè l’anima al diavolo, leggenda cosi popolare al medio evo e resa immortale da Goethe. E questo è anche il concetto del mondo lirico dantesco, dove Beatrice diviene la Filosofia, e le gioie e i dolori dell’amore terrestre svaniscono nella contemplazione intellettuale della Scienza.

Cosi il secolo decimoterzo si chiude con uno stesso concetto, esposto in prosa e in poesia. Brunetto, Giamboni e Dante s’ incontrano nella stessa idea, o, per dir meglio, era questa 1’ idea comune, elaborata in tutto il medio evo e che sullo scorcio di quel secolo ci si presenta netta e distinta, consapevole di sé. Ma in prosa non trovò quell’adeguata espressione che seppe dare Dante al suo mondo lirico. Mancò la leggenda com’era mancata la novella, e mancò il romanzo religioso o spirituale com’era mancato il romanzo cavalleresco. Lo scrittore è piú intento a raccogliere che a produrre. Fra tanti Fiori e Giardini e T esori manca l’albero della vita, l’anima impressionata e fatta attiva che produca. Ci è un lavoro di traduzione e di compilazione, non ci è ancora un lavoro di assimilazione e tanto meno

6 ’ F. de Sanctis, Storia della letteratura italiana - 1 .