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xvii - torquato tasso 141


politici e dal fanatismo delle plebi, fu fattore di civiltá, accentrò le forze intorno alla monarchia assoluta, costituí fortemente l’unitá nazionale e impresse alla vita intellettuale un moto piú celere. La Spagna di Carlo quinto e di Filippo secondo ebbe il suo Cervantes, il suo Lope e il suo Calderon; e la Francia ebbe il suo secolo d’oro co’ suoi poeti, filosofi e oratori, ebbe Cartesio, Malebranche e Pascal, ebbe Bossuet e Fénelon, Corneille, Racine e Molière. Le due nazioni uscirono dalla lotta potenti, prospere e saldamente unificate.

In Italia non ci fu lotta, perché non ci fu coscienza, voglio dire convinzioni e passioni religiose, morali e politiche. Le altre nazioni entravano pure allora in via; essa giungeva al termine del suo cammino stanca e scettica. Rimase papale, con una coltura tutta pagana ed antipapale. Il suo romanismo non fu effetto di rinnovamento religioso negli spiriti, come tentò di fare frate Savonarola; fu inerzia e passivitá: mancava la forza e di combatterlo e di accettarlo. Piacque quella maggiore castigatezza e correzione nelle forme, stucchi della licenza; né dispiaceva quel nuovo splendore del papato; e, non avendo patria, si fabbricavano volentieri una patria universale o cattolica, col suo centro a Roma. Venne in voga predicare contro gli eretici e celebrare le vittorie cattoliche sopra i turchi, come quella di Lepanto e piú tardi quella di Vienna. Papa e Spagna imperavano, nessuno riluttante. Ma, se Filippo secondo o Luigi decimoquarto potevano dire: — Lo Stato son io; — Spagna e papa non potevano dire: — L’Italia siamo noi. — Mancavano loro quei gagliardi consensi, che vengono dal di dentro e formano il vincolo nazionale. Lo spirito italiano ubbidiva inerte e non scontento; ma rimaneva al di fuori, non s’immedesimava in loro. Le idee vecchie non erano credute piú con sinceritá, e mancavano idee nuove che formassero la coscienza e rinvigorissero la tempra: indi quel consenso superficiale ed esteriore, quello stato di acquiescenza passiva e di sonnolenza morale. L’intelletto in quella sua virilitá non apparteneva a loro: era contro di loro. E se vogliamo trovare i vestigi di una nuova Italia che si vada lentamente elaborando dobbiamo cercarli