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pensieri, stizze, frizzi, allusioni e allegorie, senz’altra unitá o centro che il suo ghiribizzo. È un mondo sciolto in atomi, senza vita e coesione interna. La critica, priva di un mondo serio, in cui si possa incorporare, si svapora in sentenze, esortazioni, sermoni, prediche, declamazioni e generalitá rettoriche, tanto piú biliosa quanto meno artistica. Cosi apparisce nelle Satire di Salvator Rosa, che pure sono salvate dall’obblio per la maschia energia di un’anima sincera e piena di vita, che incalora la sua immaginazione e gli fa trovare novitá di espressioni e di forme pittoriche felicemente condensate.

Come suole avvenire, nessun secolo sonò cosi spesso la tromba epica quanto questo secolo cosi poco eroico. Alcuni seguirono le orme del Tasso, come il Graziani nel Conquisto di Granata. Il Chiabrera scrisse il Foresto, la Gotiade, la Firenze, l’Amadeide, il Ruggiero, tutti poemi eroici, oltre ventidue poemetti profani e quattordici sacri. Il Villifranchi, lo Stigliani e altri cantarono la scoperta dell’America, e anche il Tassoni avea preso a scrivere sullo stesso argomento il suo Oceano, quando, con miglior consiglio e con piú chiara coscienza delle sue attitudini, si volse a fare nella Secchia rapita la parodia delle forme eroiche. Di tanti poemi epici non uno solo è rimasto. Ce n’è di tutti gli argomenti, sacri e profani, cavallereschi, eroici, mitologici, perché erano capricci individuali e mancava l’argomento del secolo. Novissimo e popolarissimo argomento era la scoperta dell’America, che ispirò al Tasso la piú geniale delle sue concezioni, il viaggio alle isole Fortunate. Ma fu trattato col solito bagaglio classico, e il mondo nuovo apparve stanca e vieta reminiscenza di un mondo poetico giá decrepito.

Il mondo eroico di quel secolo era stato fabbricato dal concilio di Trento. Ed era una ristaurazione del mondo cattolico alle prese co’ turchi, e vincitore meno per virtú propria che per la grazia di Dio. Questo argomento di tutti i poemi cavallereschi, sciolto nella buffoneria del Pulci e nell’ironia dell’Ariosto, purgato e nobilitato dal Tasso, era divenuto l’accento «ufficiale» del secolo. Il poeta di questa ristaurazione fu Gabriello Chiabrera, che, compiuti i suoi studi a Roma, educato