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210 storia della letteratura italiana


move, tutto è fissato e a posto. La sua attivitá è al di fuori, intorno al condurre il discorso e distribuire le gradazioni, le ombre e la luce e i colori. Gli si può dar questa lode negativa: che, se spesso stanca, non annoia l’uditorio, che tien sospeso e maravigliato con un «crescendo» di gradazioni e sorprese rettori che; e talora piacevoleggia e bambineggia per compiacere a quello. Ancora è a sua lode che si mostra scrittore corretto, e non capita nelle stramberie del Panigarola o nelle sdolcinature e affettazioni de’ suoi successori.

Si può ora scorgere il cammino della letteratura, iniziata nel Boccaccio, reazione all’ascetismo, negativa e idillica. La negazione percorse tutta la scala delle forme comiche, dalla caricatura del Boccaccio all’umorismo del Folengo, e si sciolse nello sfacciato cinismo di Pietro Aretino: fu essa vita e anima delle novelle, delle commedie, de’ capitoli, de’ poemi romanzeschi. Semplice negazione, fini nella sensualitá, nella licenza delle idee e delle forme, in un pretto materialismo. Accanto a questo elemento negativo ci era l’idillio: un ritiro dell’anima dalle astrazioni teologiche e dalle agitazioni politiche nella semplicitá e nella quiete della natura; un naturalismo spiritualizzato dal sentimento della forma o della bellezza, che produsse i miracoli della poesia e della pittura. La grazia, l’eleganza, la finitezza delle forme, la misura e l’armonia nell’ insieme e nelle parti sono l’impronta di quest’aurea etá. Ma questa letteratura portava in sé il germe della dissoluzione, ed era la sua tendenza accademica, letteraria e classica, per la poca serietá del suo contenuto e la sua separazione da tutt’i grandi interessi morali, politici e sociali che allora commovevano e ringiovanivano molta parte di Europa. Giunta l’arte a quella perfezione, aveva bisogno di un nuovo contenuto per trasformarsi e rinsanguarsi. E se la reazione tridentina ci avesse dato questo nuovo contenuto, sarebbe stata la benvenuta. Avremmo avuto una seria ristaurazione religiosa e letteraria. Ma fu ristaurazione delle forme, non della coscienza. Agli stessi riformatori mancava nella loro opera la serietá della coscienza, come vedrá chi studi bene la storia del concilio di Trento, non dico nel Sarpi, ma nello stesso Pallavicino, voce leziosa e