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222 storia della letteratura italiana


allegorie. Ci era nel suo petto un dio agitatore che sentono tutt’i grand’ingegni; ed era un dio filosofico attraversato e avviluppato di forme poetiche, che gli guastano la visione e lo dispongono piú a costruire lui il mondo che a speculare sulla costruzione di quello. Con queste forze e con queste disposizioni si può immaginare qual viva impressione dovettero fare sul suo spirito gli studi filosofici. La sua coltura è ampia e seria: si mostra dimestico non solo de’ filosofi greci, ma de’ contemporanei. Ha una speciale ammirazione verso il «divino» Cusano e molta riverenza pel Telesio. Il suo favorito è Pitagora, di cui afferma invidioso Platone. Alla sua natura contemplativa e poetica dovea riuscire sommamente antipatico Aristotele, e ne parla con odio, quasi nemico. Cosa dovea parere a quel giovine tutto quell’edifizio teologico-scolastico-aristotelico, sconquassato dagli uomini nuovi, ma saldo ancora nelle scuole, sul quale s’innestava una societá corrotta e ipocrita? Il primo movimento del suo spirito fu negativo e polemico: fu la negazione delle opinioni ricevute, accompagnata con un amaro disprezzo delle istituzioni e de’ costumi sociali. Era il tempo delle persecuzioni; i migliori ingegni emigravano: regnava l’Inquisizione. E Bruno era frate, e frate domenicano. Come usci del convento e perché esulò, s’ignora. Ma a quel tempo bastava poco ad essere battezzato eretico; ricordiamo i terrori del povero Tasso. Fuggi Bruno in Ginevra, dove trovò un papa anche piú intollerante. Fuggi a Tolosa, a Lione, a Parigi, dove ebbe qualche tregua e pubblicò il suo primo lavoro. Era il 1582. Aveva una trentina di anni.

Cosa è questo primo lavoro? Una commedia, il Candelaio. Bruno vi sfoga le sue qualitá poetiche e letterarie. La scena è in Napoli, la materia è il mondo plebeo e volgare, il concetto è l’eterna lotta degli sciocchi e de’ furbi, lo spirito è il piú profondo disprezzo e fastidio della societá, la forma è cinica. È il fondo della commedia italiana dal Boccaccio all’Aretino, salvo che gli altri vi si spassano, massime l’Aretino, ed egli se ne stacca e rimane al di sopra. Chiamasi «academico di nulla academia, detto il Fastidito». Nel tempo classico delle accademie