Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. II, 1912 – BEIC 1807957.djvu/242

Da Wikisource.
236 storia della letteratura italiana

s’acquista. Se... tali sarete..., vi trovarete scritti nel libro de la vita, impetrarete la grazia in questa militante, ed otterrete la gloria in quella trionfante ecclesia, nella quale vive e regna Dio per tutti secoli de’ secoli.


Questa tirata umoristica finisce con un «molto pio» sonetto in lode degli asini, il cui concetto è che «il gran Signor li vuol far trionfanti». Né solo è l’asino trionfante, ma l’ozio, perché l’eterna felicita s’acquista per «fede», non per «scienze» e non per «opre». Anche dell’ozio hai un panegirico ironico, e per saggio diamo il seguente sillogismo:


Li dèi son dèi perché son felicissimi; li felici son felici perché son senza sollecitudine e fatica; fatica e sollecitudine non han color che non si muovono ed alterano; questi son massime quei c’han seco l’ocio: dunque gli dèi son dèi perché han seco l’ocio.


Sillogismo pieno di senso nella sua frivola apparenza. Momo, il censore divino, ne resta intrigato, e dice che, «per aver studiato logica in Aristotele, non aveva imparato di rispondere agli argumenti in quarta figura». L’ozio fa naturalmente l’elogio dell’etá dell’oro, la sua etá, il suo regno, e cita i bei versi del Tasso:


                                                             ... legge aurea e felice,
che Natura scolpi: «S’ei piace, ei lice».
     


E finisce con questa esortazione :


                                    Lasciate l’ombre, ed abbracciate il vero,
non cangiate il presente col futuro.
Voi siete il veltro che nel rio trabocca,
mentre l’ombra desia di quel ch’ha in bocca.
Aviso non fu mai di saggio e scaltro,
perder un ben per acquistarne un altro.
A che cercate si lungi diviso,
se in voi stessi trovate il paradiso?
     


L’ozio e l’ignoranza sono i caratteri della vita ascetica e monacale, della quale Bruno aveva avuto esperienza :