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274 storia della letteratura italiana


monarchia assoluta. Ma volevano che il papa dominasse i principi, e volevano loro dominare il papa.

I principi si difendevano, offendendo, e cercando fino un sostegno nelle idee nuove. Cosi Paolo Sarpi difendeva la libertá di Venezia. La lotta era disuguale, perché alle armi spirituali era scemata la riputazione, e i principi avevano guadagnata tutta quella forza ch’era mancata a’ feudi ed a’ comuni. I gesuiti allora, non trasandando le armi puramente ecclesiastiche, operarono principalmente come un corpo politico, e seppero maneggiare le armi mondane con una tenacitá uguale alla destrezza. Presero aria di democratici e cercarono forza ne’ popoli contro i principi. Fin dal i562 Lainez, il secondo generale de’ gesuiti, sosteneva nel concilio di Trento che la Chiesa ha le sue leggi da Dio, ma la societá ha il dritto di scegliersi essa il suo governo. Il cardinale Bellarmino sostiene che il potere politico è da Dio; ma il dritto divino è non ne’ singoli uomini, ma nella intera societá, non ci essendo nessuna buona ragione che uno o molti debbano comandare agli altri; che monarchia, aristocrazia, repubblica sono forme che derivano dalla natura dell’uomo; e che perciò, quando ci è alcuna legittima ragione, può il popolo mutare la sua forma di governo, come fecero i romani. Ecco giá spuntare la «sovranitá del popolo» e il «dritto dell’insurrezione». Mariana vuole la monarchia, ma a patto che ubbidisca al consiglio de’ migliori cittadini raccolti in senato. Era spagnuolo, e scriveva sotto Filippo terzo, che tenea Campanella nelle prigioni di Napoli. Non ammette il dritto ereditario, «nato dalla troppa possanza de’ re e dalla servilitá de’ popoli», e causa di tanti mali, non ci essendo niente piú mostruoso che «commettere le sorti di un popolo a fanciulli ancora in culla e al capriccio di una donna». Re che ofiende i dritti de’ popoli e disprezza la religione è come una bestia feroce, e «ciascuno gii può metter le mani addosso». I dritti di successione non possono esser mutati che col consenso del popolo, perché «dal popolo viene il dritto della signoria». Il re ha il suo potere dal popolo: perciò «non è signore dello Stato o de’ singoli individui, ma un primo magistrato, pagato da’ cittadini». Il re non