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416 storia della letteratura italiana


convenienza de’ mezzi. La libertá trovava il suo limite nelle forme costituzionali, e il sentimento nazionale nel concetto di una maggiore indipendenza verso gli stranieri. Una nuova parola venne su: non si disse piú «rivoluzione», si disse «progresso». E fu il maestoso cammino dell’idea nello spazio e nel tempo verso un miglioramento indefinito della specie, morale e naturale. Il progresso divenne la fede, la religione del secolo. Ed avea il suo lasciapassare, perché cacciava quella maledetta parola che era la «rivoluzione», e significava la naturale evoluzione della storia, e condannava le violente mutazioni. Il progresso raccomandava pazienza a’ popoli, dimostrava compatibile ogni miglioramento con ogni forma di governo e si accordava con la filosofia cristiana, che predicava fiducia in Dio, preghiera e rassegnazione. Oltre a ciò, «libertá», «rivoluzione» indicavano scopi immediati e non tollerabili ai governi; dove «progresso», nel suo senso vago, abbracciava ogni miglioramento, e dava agio a’ principi di acquistarsi lode a buon mercato promovendo, non fosse altro, miglioramenti speciali che parevano innocui, com’erano le strade ferrate, l’illuminazione a gas, i telegrafi, la libertá del commercio, gli asili d’infanzia, i congressi scientifici, i comizi agrari. A poco a poco i liberali tornarono lá ond’erano partiti, e, non potendo vincere i governi, li lusingarono, sperarono riforme di principi, anche del papa: rifacevano i tempi di Tanucci, di Leopoldo, di Giuseppe, e rifacevano anche un po’ quell’Arcadia. Certo, una teoria del progresso, che se ne rimetteva a Dio e all’Idea, dovea condurre a un fatalismo musulmano, e, rendendo i popoli troppo facilmente appagabili, potea sfibrare i caratteri, trasformare il liberalismo in una nuova Arcadia, come temea Giuseppe Mazzini, che vi contrapponeva la Giovine Italia. Pure i moti repressi del Ventuno e del Trentuno, i vari tentativi mazziniani mal riusciti, la politica del «non intervento» delle nazioni liberali, la potenza riputata insuperabile dell’Austria, la forza e la severitá de’ governi, le fila spesso riannodate e spesso rotte disponevano gli animi ad uno studio piú attento de’ mezzi, li piegavano a’ compromessi, fortificavano il senso politico, rendevano impopolare la dottrina del «tutto o niente». Lo stesso Mazzini, ch’era