Pagina:De Sanctis, Francesco – Storia della letteratura italiana, Vol. II, 1912 – BEIC 1807957.djvu/8

Da Wikisource.
2 storia della letteratura italiana


colo — L’Ariosto e il Cervantes — L’Orlando, per arte, l’opera piú perfetta della immaginazione italiana: per l’ironia del suo contenuto, colonna luminosa nella storia dello spirito umano.]

Ludovico nacque nello stesso anno che Michelangiolo, il i474. Machiavelli, Berni, Bembo, Guicciardini, Folengo, Aretino, i principali personaggi di questa etá letteraria, nacquero in questo scorcio del secolo, a poca distanza di anni : il Machiavelli nel sessantanove, il Bembo nel settanta, il Guicciardini nell’ottantadue, e nel novantaquattro il Folengo, e nel novantadue Pietro Aretino.

Nel novantotto, proprio l’anno che il Machiavelli era eletto segretario del comune fiorentino, Ludovico scrivea in prosa le sue due prime commedie. L’uno attendeva alle gravi faccende dello Stato, e ne’ suoi viaggi in Italia e in Europa attingeva quella scienza dell’uomo e quella pratica del mondo, che dovea fare di lui la coscienza e il pensiero del secolo; l’altro faceva il letterato in corte, e scrivea sonetti, canzoni, elegie, capitoli, commedie, tutto nel mondo della sua immaginazione.

Aveva allora ventisei anni. Cinque ne aveva sciupati intorno alle leggi; finché, avuta dal padre licenza, si mise con ardore allo studio delle lettere, e, tutto pieno il capo di Virgilio, Orazio, Petrarca, Plauto, Terenzio, cominciò a far versi latini e italiani, come tutti facevano : elegie, canzoni, odi, epigrammi, madrigali, sonetti, epistole, epitalami, carmi.

Nel novantaquattro, quando Carlo ottavo scendeva in Italia, il giovane Ludovico scrive un’ode oraziana a Filiroe, nome ch’egli appicca ad una contadinella. Carlo minaccia

                                                                  asperi
furore militis tremendo,
turribus ausoniís ruinam.
     

E il giovane, sdraiato sull’erba e con gli occhi alla sua Filiroe, scrive :

                               Rursus quid hostis prospiciat sibi,
me nulla tangat cura, sub arbuto
iacentem aquae ad murmur cadentis...