Pagina:Deledda - Cattive compagnie, Milano, Treves, 1921.djvu/157

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La lepre 147


avanzarsi fino alla radura sabbiosa, e si accorse che le due lepri erano due amanti, il suo dolore si fece più acuto e più rabbioso.

Questo non impedì che le due lepri continuassero a divertirsi, a saltare, a correre. La femmina era grassa, con le orecchie quasi diafane, rosee all’interno, bionde al di fuori: era civetta, correva intorno al maschio fingendo di non vederlo, si sdraiava lunga sulla sabbia, saltava e scappava quando l'amante le si avvicinava. L’amante invece, magro e consunto di passione e di piacere, non vedeva che lei, non faceva altro che correrle dietro e saltarle addosso. Erano felici; allegri, incoscienti come tutti gli amanti felici.

La vecchia lepre non si saziava di guardarli, e anche quando la coppia graziosa, stanca di salti e di carezze, sparve dalla radura, lei rimase al suo posto di osservazione, raggomitolata, ma con le orecchie dritte, frementi come due foglie secche mosse dal vento.

*

I giorni e le notti passarono, la luna declinò, le sere si fecero buie.

La vecchia lepre non tornò in riva allo stagno. Aveva paura del cacciatore. Nascosta nel