Pagina:Deledda - Cattive compagnie, Milano, Treves, 1921.djvu/190

Da Wikisource.
180 cattive compagnie


Parlando, egli s’era animato. Il suo viso roseo, sulle cui guancie i due riccioli argentei segnavano come due fedine, diventava livido: gli occhi maliziosi si velavano di lagrime.

— Puoi dirmi almeno la malattia? — domandò la donna. — Potrei indovinarla, ma tu hai fretta. Che malattia è?

— Non lo so! Non lo so! — disse il vecchio desolato. Se l’avessi saputo non sarei venuto da te. È un male cattivo, un male orribile. Non venga neppure al nostro peggiore nemico!

— Bene, lasciami un po’ vedere: lascia che io legga un momento nel libro della verità.

Passarono alcuni momenti. La donna sollevò tre volte le braccia, le protese in avanti con forza, quasi per respingere un ostacolo invisibile, poi le lasciò ricadere pesantemente sulla coltre gialla.

Il vecchio guardava e, nonostante il suo dolore e la sua fede, provava un senso di diffidenza: sentiva che la donna fingeva.

— Ritorna fra settantasette ore: ti darò la medicina. Va, ritorna.

— Sant’Eusebio mi aiuti! Che farò io in questi tre giorni? — esclamò ziu Tòmas, ed i suoi occhi maliziosi sorridevano ed il suo viso ritornava roseo e sarcastico.

Ma la donna non rispose oltre.