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cosima 79


nura, e già le capre, ancora arrampicate sulle vette, avevano gli occhi rossi come quelli dei falchi. Era tempo di ritornare a casa; e ricordando le sue giornate ancora fanciullesche, rallegrate solo dalle storielle ch’ella raccontava a sé stessa, ella si sentiva al cospetto del mare e sopra i grandi precipizi rossi di tramonto, come la capretta sulla vetta merlata della roccia, che vorrebbe imitare il volo del falco e invece, al fischio del pastore, deve ritornare allo stabbio.

E, invece, un fischio, più acuto e diverso dagli altri, le arrivò come una freccia, seguito da altri che lo imitavano beffardi. Era Andrea che la chiamava, avvertendola che non bisognava abusare della sua indulgenza di guardiano: e l’irrisione dei compagni le ricordava meglio ancora che le sue scorribande non erano sopportate che una volta sola dalle leggi della comunità dov’ella era destinata a vivere. Allora ella si alzò, ma scosse di nuovo le braccia, verso il mare, sembrandole di sfiorare le onde come poco prima aveva sfiorato le felci della radura, quale rondine che migra, dopo l’inverno caldo, sì, ma sterile, degli altipiani libici, verso le terre del sole, i rossi crepuscoli estivi, l’amore che solo concede il dono dell’eternità.