Pagina:Deledda - Cosima, Milano, Treves, 1937.djvu/28

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8 grazia deledda


quasi bionda i maligni dicevano che il padrone aveva un debole per lei; ma erano chiacchiere e il tempo le dissipò.

Ecco adesso ella cuoce attenta il latte sul fornello sopra il forno grande: per l’occasione del parto della padrona si è messa le scarpe, senza calze s’intende, pronta a tutti gli ordini: una ruga le solca la fronte e le sue orecchie sono tese come quelle delle lepri. La responsabilità della casa è adesso tutta sua, ed ella profitta della sua padronanza solo per sorbirsi qualche tazzina di caffè in più, sola sua passione.

I ragazzi vengono uno ad uno a prendere il caffè e latte, che ella versa nelle rotonde tazze di creta gialla e rossa: anche i più grandi, che sono maschi e frequentano già il ginnasio della piccola città.

Il maggiore, Santus, è un bel ragazzo col profilo e gli occhi grandi, d’un grigio celeste, dalla sclerotica azzurra: ha un’aria pensosa e leale, veste già con qualche ricercatezza, e mentre beve il suo caffè e latte finisce di ripassare la lezione di latino. L’avvenimento della casa non lo sorprende né lo turba: ne conosce il mistero e lo accetta come una cosa naturale. I suoi sensi sono calmi, quasi freddi: la fantasia misurata. Non ama le donne, non pensa che a studiare, approfondire le cose della vita, ma attraverso i libri. No, non ho fantasia, ma forse anche lui è un po’ visionario, come la sorella picco-