Pagina:Deledda - Cosima, Milano, Treves, 1937.djvu/79

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tempo, il banditismo locale aveva ancora un carattere quasi epico.

Odî di famiglia, sete di vendetta, pregiudizî di onore erano per lo più l’origine di questi episodî di sangue che funestavano la vita del paese e di intere contrade. Il giovane servo, poi, abbelliva le avventure dei banditi con la sua fantasia, e lui stesso si lasciava travolgere da una suggestione malefica che lo spingeva a farneticare sogni di libertà, di imprese ove, più che altro, il ribelle alle leggi sociali, ha modo di spiegare il suo coraggio, la sua abilità, la sua forza d’animo, il disprezzo per il pericolo e la morte. Era, infine, una specie di anarchico, che non potendo eguagliare la sorte degli uomini liberi e svincolarsi dal suo destino di servo, intendeva distruggere il bene degli altri e crearsi una potenza, una regola di vita diversa da quella usuale.

In quel tempo, specialmente una banda di uomini armati di tutto punto, decisi a tutto, protetti anche, o per amicizia, o per complicità, o per paura, da una vasta rete di favoreggiatori, infieriva nel Circondario. I capi erano due fratelli, giovanissimi, terribili, si diceva anche feroci: la radice del loro odio contro la società era una ingiustizia da loro subìta, una condanna per un reato del quale erano innocenti: condanna alla quale d’altronde sfuggivano con la loro latitanza. Bisogna dire però che, o per istinto, o esasperati dalla loro mala