Pagina:Deledda - Cosima, Milano, Treves, 1937.djvu/92

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64 grazia deledda


ché l’uomo buono, l’uomo saggio e giusto, cadde, e la famiglia rimase come l’umile erba tremante all’ombra della quercia fulminata.


E poiché la famiglia era in questo cerchio d’ombra, restava rassegnata, in attesa di vederla un giorno diradare. Con la morte del padre, Andrea parve metter giudizio; prese lui ad amministrare il patrimonio rimasto ancora in comune; ma ne profittava largamente, in modo che rimaneva appena il tanto per aiutare negli studi l’altro fratello, e per pagare le tasse. La madre si lamentava sempre, per queste tasse, e se ne preoccupava tanto da non dormire la notte. Per fortuna nella casa c’era ogni provvista, e le ragazze si contentavano di nulla. Il lutto per il padre fu lungo: per mesi interi le finestre rimasero chiuse e nessuna delle donne, tranne la serva, metteva il piede fuori della porta: ma Enza si consolava scrivendo lettere interminabili al suo Gioanmario e le tre piccole, intelligentissime, leggevano sempre, chiacchierando e anche discutendo fra di loro, in perfetto accordo. Chi non andava bene era Santus. La morte del padre, invece di richiamarlo in sé, parve sprofondarlo di più nella china abissale dove di giorno in giorno precipitava. Studiò fino ad arrivare al quarto anno di medicina: ma beveva. Durante le ultime vacanze fu trascurato anche da Antonino, che non andò più a cercarlo: né lui parve preoccuparsene, chiuso sempre in una sua indiffe-