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106 per la sua creatura


— S’accomodi.... — disse con voce franca, aprendo tutta la porta, con quella sicurezza serena, che è il miglior patrimonio dei nullatenenti.

Solo nel salottino da pranzo, che serviva anche per ricevere, la signora V*** s’accorse che la visitatrice era una donna, e neppure brutta, e neppure vecchia.

— Sono io la signora V***. S’accomodi.

— Vorrei parlarle.... — disse la straniera, e sebbene nel salottino non si soffocasse, si tolse il mantello, gettandolo sulla spalliera della sedia. Sullo sfondo marrone del raso che foderava il mantello ella appariva elegantissima, sebbene non più giovine, in un abito inglese perfetto. Aveva le mani pìccole, strette in guanti di pelle grigia, brillanti alle orecchie e sul cappello una lunga coda d’un uccello raro. E la sua piccola bocca stretta, sdegnosa, finiva di rivelare in lei la gran dama avvezza al comando.

La signora V***, la quale, bisogna avvertire, non aveva ancora venti anni, la guardava con ammirazione, stupita che una sì gran dama si trovasse in casa sua. La straniera osservava l’ambiente umile, la personcina diafana, il volto pallidissimo, le mani rosse della pic-