Pagina:Deledda - Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939.djvu/27

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descritta così fredda e melanconica che l’antico sogno si era pur esso sbiadito e irrigidito; almeno sembrava: come i fiori delle saline.

Sembrava. Poichè il cuore gli si destò dentro, con un improvviso fremito quasi di spavento, quando la porta della casetta si aprì e ne uscì, chiara alla luna, una figura di donna. Aveva stretto intorno alla testa, e legato sulla nuca, un fazzoletto scuro: sulle prime, però, nel barbaglio della sua commossa visione, all’albergatore parve che la donna fosse a testa nuda, coi folti capelli bruni avvolti e annodati come Rosa usava acconciarseli. Ma questa che si avanza fino al cancelletto della rete e lo apre, e s’inoltra nella striscia di sabbia dura che sfiora la duna dov’egli rimane immobile e mortificato, questa non è Rosa: è anch’esso un fantasma, silenzioso e grigio coi piedi nudi, il viso più pallido ed evanescente di quello della luna, coi lineamenti che vi sembrano appena disegnati, e, mistero illogico come quelli dei sogni, gli occhi chiusi. Inoltre aveva in mano uno strano arnese, fatto a cerchio, che all’uomo parve una specie di salvagente: e poichè ella passava dritta, senza vederlo, avanzando fino alla riva, egli ebbe l’impressione che, illusa dal calore della sera, ella, come usano a volte le contadine, andasse a bagnarsi.

Giunta presso l’acqua, invece, si fermò, sedette agile per terra, versò alcune manate di sabbia entro il recipiente e lo scosse a lungo. Era un setaccio: e quando la sabbia fu ripulita, ella, come forse usava da bambina, ne formò uno di quei grossi pani da contadini, tutto ben


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2 - Deledda.