Pagina:Deledda - Il cedro del Libano, Milano, Garzanti, 1939.djvu/88

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povera gente, ed egli non credeva d’intenerirsi nel sentire le querele di questi suoi piccoli parenti, ma pensava che la sua apparizione li avrebbe forse divertiti, e nello stesso tempo fatto piacere ai grandi. Avrebbe detto, sedendosi all’umile focolare:

— Adesso vi racconterò le storie del mondo lontano.

Ma questi erano pensieri suoi, di campagnuolo che, nonostante l’esperienza e la furberia acquistate appunto nel girare il mondo, ha conservato un fondo di semplicità biblica.

Dentro, intanto, i ragazzini litigano, si dicono parole ingiuriose, ridono e piangono, finchè una voce alquanto rauca, di donna raffreddata, che deve essere la madre, non li minaccia di bastonarli, e non ottenendo l’effetto desiderato, aggiunge esasperata:

— Adesso, il vento fa venir giù il lupo mannaro.

In questo momento l’uomo bussava; e un silenzio fulmineo soffocò le piccole querele. Nella strada il vento urlò più forte, assecondando la minaccia della madre. Ma la prima ad avere qualche paurosa reminiscenza era lei; e quando ai replicati colpi alla porta si decise ad aprire nel veder l’uomo quasi mascherato, con quella valigia poco rassicurante, indietreggiò e parve gonfiarsi nei suoi stracci come la gallina che vede minacciati i suoi pulcini. Subito però riconobbe l’emigrato: lo riconobbe dagli occhi, ancora dolci e mansueti, del colore delle castagne del luogo: e il suo viso scarno si contrasse in una sofferenza quasi fisica.

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